Italia – Per l’edilizia è diventato più conveniente fermare i cantieri che tenerli aperti.
La denuncia del presidente dell’Ance Fermo: gli aumenti delle materie prime causati dalla guerra e dalla crisi delle catene di approvvigionamento rendono i costi vivi dei materiali non più sostenibili.
“Non è chiaro ancora a tutti, ma molto presto ogni cittadino se ne renderà conto: con i prezzi dei materiali fuori controllo, per le imprese edili è diventato più vantaggioso fermare i cantieri avviati piuttosto che proseguirli“. Lo ha detto il presidente di Ance Fermo, Massimiliano Celi, parlando dell’aumento incontrollato dei prezzi delle materie prime e dei contratti “blindati da prezzari di riferimento di per sé già bassi”.
Per spiegare l’impatto, il presidente degli edili fa alcuni esempi: “Il legno, arrivando dal nord Europa, subisce il rincaro dei trasporti. Normalmente il tavolame per i ponteggi costa 280 euro al metro cubo, ora è passato a 500 euro. Il costo del ferro è passato da circa 1.05 al chilo dal fornitore a 1,60. Sembra poco, ma il ferro non si compra a chili, quindi l’aumento è grande”.
E poi il cemento, “su cui impattano il costo del gas dovuto al conflitto in Ucraina e la speculazione finanziaria”, e il calcestruzzo, “che dal primo maggio aumenterà di 15 euro al metro cubo”. L’Ance ha chiesto un incontro al commissario straordinario per la ricostruzione post sisma, Giovanni Legnini: “Ha parlato di un aumento massimo del 15% rispetto al prezzario cratere 2018, ma noi avevamo chiesto il 25%, altrimenti è impossibile coprire i costi”.
Celi ha evidenziato un ulteriore problema: “Non ha senso un prezzario unico per quattro regioni. Se in Abruzzo la manodopera ha un costo minore, chiaro che gli aumenti impattano meno. Aggiungiamoci pure gli sgravi fiscali ed ecco che le Marche sono doppiamente penalizzate”. “È preferibile non lavorare e attendere a tempo indeterminato che i prezzi delle materie prime diminuiscano tornando ai livelli di fine 2020“, ribadisce il presidente di Ance Fermo.