Roma-Kiev: le parole di Lavrov e il tema delle armi per l’Ucraina – Le parole del ministro degli Esteri russi animano ancora le discussioni politiche in Italia. Così come al centro del dibattito resta la decisione di fornire nuovi armamenti al governo ucraino.
“Alcune dichiarazioni di politici e media italiani sono andate oltre le buone norme diplomatiche e giornalistiche”. Serghei Lavrov, ministro degli Esteri russo, lo ha detto ieri sera a ‘Zona Bianca’ su Rete 4 nel corso di un’intervista a tutto campo sul conflitto in Ucraina, sulle forniture di gas e sulla reazione dell’Occidente.
“L’Italia è in prima fila tra coloro che adottano e promuovono le sanzioni anti-russe. Per noi è stata una sorpresa, ma ormai ci siamo abituati”, ha aggiunto il capo della diplomazia di Mosca che ha poi sottolineato di non aver nulla “contro il popolo italiano”, che considera “amico”.
Parole che arrivano nel pieno del dibattito tra i partiti sulla necessità di un nuovo passaggio in Parlamento sull’invio di nuove armi a Kiev per rafforzare la resistenza ucraina, e che spingono il deputato dem Filippo Sensi a chiedere la convocazione dell’ambasciatore russo. Enrico Letta è tornato a ribadire piena fiducia nell’operato di Mario Draghi e Lorenzo Guerini.
Allo stesso tempo, il segretario del Pd ha sottolineato di non avere problemi rispetto alla possibilità che il presidente del Consiglio o il responsabile della Difesa riferiscano al Parlamento sull’invio di armi all’Ucraina. Dal leader dem è arrivato anche un forte appello perché sia l’Europa a tentare di rimettere la vicenda Ucraina sui binari della diplomazia, dopo il fallimento del “primo forte tentativo verso una tregua, quello del segretario generale dell’Onu Guterres”, finito sotto le bombe russe, a Kiev.
Il governo, intanto, si appresta a varare le nuove risorse in soccorso di famiglie e imprese, in difficoltà per l’aumento dei prezzi energetici a seguito del conflitto. Domani il presidente Draghi, sarà a Strasburgo per partecipare alla sessione plenaria del Parlamento europeo. Un appuntamento che precede la visita a Kiev, dove incontrerà il presidente Zelensky, e il colloquio con il presidente Usa, Joe Biden, a Washington del prossimo 10 maggio.
Il segretario della Lega, Matteo Salvini, ieri ha rivolto critiche al capo della Casa Bianca. “Biden non vive sulla sua pelle come gli ucraini, i polacchi, gli europei e gli italiani quello che sta accadendo – ha detto a La7 – e usa troppo spesso parole di guerra. Il Papa è l’unico uomo di Stato che parla da due mesi di pace, che propone il Vaticano e l’Italia come luogo della pace: invece altri politici a est e a ovest parlano di armi e armi. E più armi si mandano, più la pace si allontana”, ha notato.
La necessità di arrivare il prima possibile a un cessate il fuoco è stata ribadita anche nel corso delle celebrazioni del Primo Maggio. I sindacati hanno scelto come luogo simbolo per la pace Assisi e la manifestazione nazionale è iniziata con un pensiero rivolto al popolo ucraino.
“Dobbiamo assolutamente lavorare per fermare questa guerra assurda voluta da Putin” ed “evitare che diventi una guerra mondiale”, ha detto il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini che ha chiesto “di investire soldi non per le spese militari ma in altre direzioni”. Per Luigi Sbarra, leader della Cisl, la pace “è un obiettivo imprescindibile che si costruisce con atti concreti: aiuti alle famiglie colpite, ai profughi, a un popolo che resiste all’invasore”.
Ancora al centro del dibattito, infine, il ‘caso Petrocelli’, il presidente della commissione Esteri del Senato, in quota M5s ma in odor di espulsione, di cui tutte le forze politiche chiedono le dimissioni dall’incarico per le sue posizioni filo-Putin. Si attende il ‘responso’ della presidente Casellati dopo la lettera inviata dai componenti della stessa commissione (ad eccezione di Airola) con cui hanno sfiduciato il presidente Petrocelli.