Soccorso migranti, fermo delle navi Ong solo se c’è pericolo per sicurezza o salute

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Soccorso migranti, fermo delle navi Ong solo se c’è pericolo per sicurezza o salute – Lo Stato di approdo può esercitare i controlli, ma il fermo va motivato. Il numero di persone a bordo, in seguito ad un salvataggio, è di per sè non rilevante.

Lo Stato di approdo può controllare le navi delle organizzazioni umanitarie, che svolgono sistematicamente un’attività di ricerca e soccorso di persone in mare. Ma il fermo può essere disposto solo in caso di evidente pericolo per la sicurezza, la salute o l’ambiente. Rischi che lo stato di approdo ha l’onere di dimostrare. Questa la decisione adottata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza nelle cause riunite C 14/21 e C-15/21| Sea Watch. La Sea Watch è un’organizzazione umanitaria con sede a Berlino (Germania). A rivolgersi a Lussemburgo, con un rinvio pregiudiziale, è stato il Tribunale amministrativo per la Sicilia, impegnato ad esprimersi, dopo il ricorso della Sea Watch, sulla legittimità del provvedimento di fermo amministrativo e della ispezione “Port State Control” supplementare più dettagliata, alla quale è stata sottoposta la nave, dalle autorità italiane nel settembre 2020.

Le ragioni del fermo

Tra le navi dell’organizzazione umanitaria ci sono la Sea Watch 3 e la Sea Watch 4, che battono bandiera tedesca e sono certificate come navi da carico. Nell’estate del 2020, queste due navi hanno effettuato operazioni di soccorso e hanno sbarcato le persone salvate in mare nei porti di Palermo e di Porto-Empedocle (Italia). Le ispezioni messe in atto dalle capitanerie dei due porti siciliani sono state giustificate con l’assenza di una certificazione per l’attività di ricerca e soccorso in mare e per aver imbarcato un numero di persone molto superiore a quello autorizzato. Il report delle autorità aveva, inoltre, evidenziato, carenze tecniche e operative che comportavano un evidente pericolo per la sicurezza, la salute o l’ambiente. Da qui la richiesta del fermo delle navi e il conseguente ricorso al Tar Sicilia della Sea Watch, per l’annullamento dei provvedimenti, perché le capitanerie sarebbero andate oltre il potere attribuito alle autorità di approdo, secondo la direttiva 2009/16.

Il rinvio pregiudiziale del Tar e la Grande Chambre

I giudici amministrativi, con ordinanza n. 2974/2020, hanno sollevato questioni di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, relative ad una lettura – in linea con il diritto internazionale – della direttiva 2009/16/Ce, sul controllo delle navi da parte dello Stato di approdo e delle Convenzioni internazionali sul diritto marittimo. Risposte che i giudici amministrativi hanno chiesto attraverso un’ istanza di procedimento accelerato, prevista dal Regolamento di procedura.

E la Corte Ue si è espressa nella sua formazione più autorevole. La Grande Chambre di Lussemburgo ha chiarito che la direttiva 2009/16 è applicabile, in linea di principio, a qualsiasi nave che si trovi in un porto o nelle acque soggette alla giurisdizione di uno Stato membro e batta bandiera di un altro Stato membro. Comprese le navi gestite dalle organizzazioni umanitarie. Scopo della direttiva è migliorare il rispetto delle norme di diritto internazionale e della legislazione dell’Unione relative alla sicurezza in mare, alla tutela dell’ambiente marino e alle condizioni di vita e di lavoro a bordo. Una norma europea da interpretare tenendo conto del diritto internazionale che gli Stati membri devono rispettare, in quanto sovraordinato a quello interno. A cominciare dalle Convenzioni sul diritto del mare per la salvaguardia della vita umana in mare .

Ilsole24ore

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