Se una sola nave di migranti mette in crisi la Francia – La dura reazione della Francia alla nuova politica migratoria dell’Italia è dovuta, soprattutto, ad una crisi interna alla politica francese. Infatti, di fronte alla notizia dell’arrivo della Ocean Viking a Tolone, ha fatto insorgere le opposizioni (che sono maggioranza) a Macron. Il problema di fondo è la mancanza di una strategia comune in Ue.
La svolta del nuovo governo italiano sul fronte, sempre caldo, dell’immigrazione clandestina e il braccio di ferro in atto tra Roma e Parigi la dicono lunga sulle possibilità che l’Europa possa trovare una risposta comune alla sfida posta da trafficanti e lobby dei soccorsi e dell’accoglienza. Come sempre è accaduto da quando è iniziata l’emergenza flussi migratori illegali nel Mediterraneo, invece di difendere i confini comuni, l’Europa col suo immobilismo ha costretto i singoli Stati ad erigere propri “muri”, interni all’Unione.
I successi conseguiti con i primi atti del Governo Meloni sono ancora lontani dal ridurre in modo sensibile gli sbarchi, ma hanno mostrato discontinuità rispetto ai porti spalancati dei governi Conte 2 e Draghi, hanno mostrato un approccio duro verso le Ong che in futuro dovrà portare alla messa al bando delle loro navi dalle nostre acque e ha indotto per la prima volta una di queste navi, la Ocean Viking, a sbarcare in un porto diverso da quelli italiani. Aspetto quest’ultimo che ha determinato dure reazioni contro Macron, che in Parlamento ha un governo di minoranza, scatenando critiche dalle opposizioni di destra, come quelle guidate da Le Pen e Zemmour e da molti ambienti parigini.
“Quando è troppo è troppo: l’immigrazione in Francia non è un diritto incondizionato. I francesi vogliono una politica migratoria molto più ferma e molto più efficace” ha scritto ieri il presidente del Rassemblement National, Jordan Bardella, intervenendo sul caso Ocean Viking. “L’isola di Lampedusa, la Porte de la Chapelle (zona di Parigi dove sono recentemente ricomparsi accampamenti di migranti, ndr) sarà il futuro dell’Europa se non riprendiamo già da ora il controllo della nostra politica migratoria. Bisogna chiudere il rubinetto!”, scrive in un altro tweet il fedelissimo di Marine Le Pen. “Al di là dell’emozione sul destino delle persone, l’accoglienza in Francia dell’Ocean Viking segna una svolta nella politica sull’immigrazione in Francia” ha scritto su twitter l’ex ministro dell’Interno francese, Gerard Collomb.
Collomb, socialista ex sindaco di Lione che da ministro aveva varato il piano per riprendere il controllo delle banlieues denominato “Reconquête Republicaine”, ha ricordato che “quando nel 2018 era stata presa in considerazione la creazione di un hot-spot a Tolone, mi ero opposto con tutte le mie forze e mi ero dimesso”. È bastata che una sola delle navi che le Ong impiegano per traghettare quasi ogni settimana per sbarcare clandestini in Italia approdasse in un porto francese per far indignare i cugini d’Oltralpe. Eppure nella Lampedusa citata ad esempio da Bardella sono oggi ospitate 1.437 persone nell’hotspot che potrebbe meno di 400 e a causa degli sbarchi da Tunisia e Libia tale struttura arriva quasi ogni settimana al collasso.
E mentre in Italia gli ambienti politici di centrosinistra (da sempre filo-francesi “senza se e senza ma” al punto da aver collezionato un gran numero di decorazioni Legion d’Onore) non risparmiano critiche al governo italiano, Parigi attua “rappresaglie” determinate essenzialmente da ragioni politiche interne. Per non perdere la residua credibilità in patria, Macron schiera 500 agenti a Ventimiglia e annuncia che non accoglierà dall’Italia i 3.500 migranti previsti ai piani di redistribuzione mentre i suoi ministri dicono di aver perso fiducia nell’Italia anche se è difficile per noi italiani accettare paternali da chi ributtava di notte oltre i nostri confini clandestini intercettati a Bordighera o sgombrava con le ruspe gli accampamenti degli immigrati illegali a Calais.
Ma al di là delle beghe tra confinanti in un’Europa al collasso che non riesce a varare neppure misure per contenere il caro-energia, il vero dato politico è che gli unici a guadagnarci dalle liti tra europei sono i trafficanti di esseri umani, gli immigrati clandestini, Ong e lobby dell’accoglienza. Meglio non dimenticare che tra i finanziatori delle Ong le cui navi battono bandiere dei paesi del Nord Europa, vi sono privati, enti religiosi e amministrazioni pubbliche di Francia, Germania e altre nazioni Ue.
Tutti concordi nel sostenere organizzazioni impegnate a traghettare africani e asiatici, ma a patto che li sbarchino solo in Italia: se Roma avrà il coraggio di andare fino in fondo e bloccare gli accessi ai nostri porti alle navi delle Ong l’intero business verrà meno e cesseranno pure i finanziamenti poiché nessuna nazione europea è pronta ad accettare che i clandestini vengano sbarcati nei suoi porti. “Penso che Italia e Francia debbano trovare una visione comune di fronte alla grande sfida che abbiamo davanti e che tutti noi dobbiamo dare una risposta all’immigrazione” ha detto il presidente del PPE, Manfred Weber, uscendo da palazzo Chigi dopo l’incontro con il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. “Abbiamo bisogno di una soluzione europea, che deve comprendere due aspetti: la protezione dei confini e la solidarietà europea, perché l’Italia non deve essere lasciata sola”, ha sottolineato Weber.
Una frase pronunciata da decine di esponenti dell’Unione Europea negli ultimi 12 anni ma finora rimasta lettera morta mentre il premier Meloni ha detto che “serve una missione europea per difendere i confini esterni europei” e “aprire in Africa gli hot-spot”. Temi sui quali sarebbe utile chiarirsi le idee. O si convince la Libia e la Tunisia a riprendersi immediatamente i migranti illegali salpati verso le coste italiane oppure una missione navale europea sarà destinata a imbarcare clandestini e a sbarcarli in Europa. L’Operazione Sophia venne di fatto sospesa nel 2019 perché la sua Fase 3, che Giorgia Meloni spesso cita, non poteva venire attuata perché prevedeva l’ingresso delle navi Ue nelle acque libiche e l’impiego di truppe europee contro i trafficanti sulle coste della Tripolitania. Azioni definite violazioni della sovranità libica che Tripoli non ha mai autorizzato, né tanto meno autorizzerebbe oggi che l’influenza turca in quella regione ha assunto anche precisa connotazione militare.
Libia e Tunisia non hanno mai accettato che gli hot-spot, dove ospitare i migranti per esaminare le richieste di asilo in Europa, venissero aperti sul loro territorio per non trasformarsi da “paese di transito” dei flussi migratori illegali a “punto di arrivo”. Non c’è quindi nessuna ragione per ritenere che Tripoli e Tunisi possano oggi cambiare idea. Meglio quindi puntare su accordi con questi due Paesi che prevedano aiuti economici, il respingimento dei migranti illegali salpati dalle loro coste e il loro immediato rimpatrio nei Paesi di origine con aerei messi a disposizione anche dalle agenzie dell’Onu.