Le mutazioni genetiche all’origine della fibrosi cistica sono state corrette in colture di cellule staminali umane con una tecnica basata sulla Crispr, la tecnica che taglia e incolla il Dna la cui scoperta è stata premiata con il Nobel. Il risultato, pubblicato sulla rivista Life Science Alliance, si deve alla ricerca internazionale coordinata da Hans Clevers, dell’Istituto Hubrecht, e condotta in collaborazione con l’ospedale universitario UMC Utrecht e l’istituto Oncode. I ricercatori hanno sostituito la porzione difettosa del Dna, portatrice della mutazione che causa la malattia, con una sana.
“Per la prima volta abbiamo dimostrato che questa tecnica funziona davvero e può essere applicata in modo sicuro sulle cellule staminali per correggere la fibrosi cistica”, osserva Clevers. In particolare i ricercatori hanno corretto la mutazione in organoidi intestinali umani, cioè dei mini-organi in 3D che imitano le funzioni intestinali nei malati di fibrosi cistica.
In una ricerca condotta in precedenza dello stesso gruppo erano stati sviluppati gli organoidi partendo da cellule staminali prelevate dai malati e conservate in una bio-banca di Utrecht. Il passo ulteriore, appena pubblicato, è stato intervenire negli organoidi correggendo il difetto genetico con il prime editing, un nuovo metodo di editing genomico basato sulla Crispr che permetterebbe di avere più controllo sulle correzioni, più precisione e flessibilità.
“Nel nostro studio il prime editing ha mostrato di essere una tecnica più sicura rispetto alla classica Crispr: può costruire un nuovo pezzo di Dna senza causare altri danni. Il che la rende promettente per applicazioni nei pazienti”, commenta Maarten Geurts, primo autore dello studio. Ora che è stato dimostrato che la mutazione può essere corretta in modo sicuro, le applicazioni sul fronte clinico si fanno più vicine, anche se rimangono alcuni problemi da risolvere. La tecnica infatti deve essere ancora adattata per un uso sicuro all’essere umano.