Italia: impiantata per la prima volta una protesi all’anca batteriostatica

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Il primo intervento all’Ospedale Israelitico di Roma su una donna di 74 anni – Per la prima volta in Italia è stata impiantata una protesi all’anca con rivestimento “Bact”, formato da nanoparticelle di argento. Questa tecnologia ha permesso lo sviluppo della prima protesi d’anca batteriostatica. L’impianto è stato eseguito stamattina, per la prima volta in Italia dal Prof. Paolo Lucci Responsabile della UOC di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Israelitico su una paziente di 74 anni, affetta da ipertensione arteriosa, alla quale nel 2016 è stato diagnosticato un carcinoma mammario e attualmente esegue quadrantectomia e radioterapia.

“Si tratta di un impianto tradizionale di protesi d’anca ma ha un rivestimento che la rende batteriostatica, di nanoparticelle di ioni d’argento che hanno un’azione di difesa nei confronti dell’infezione. – spiega all’AGI il Prof. Lucci prima di entrare in sala operatoria –  Sappiamo che possono esserci diverse cause di infezione intraoperatorie e post-operatorie per cui questo tipo di impianto è un’arma in più rispetto a questo tipo di complicanze”.

La coxartrosi è una patologia cronica determinata dall’usura della cartilagine articolare dell’anca. Tale patologia comporta dolore inguinale, difficoltà nel camminare, nello stare seduto e nello svolgimento delle normali attività quotidiane e per tale ragione, la protesi d’anca è stata definita come l’intervento ortopedico del secolo, in grado di consentire ai pazienti di tornare a una normale qualità della vita. Negli ultimi anni questo tipo di intervento è diventato sempre meno invasivo e con un recupero post operatorio sempre più rapido.

La protesi impiantata oggi è particolarmente innovativa perché consentirà di estendere gli interventi a una platea più ampia di pazienti che finora a causa di quadri clinici già complessi ne rimanevano esclusi.

A spiegare meglio questa nuova opportunità è Lucci “si può utilizzare su qualunque paziente, ma soprattutto in quelli che presentano particolari fattori di rischio per le infezioni come diabetici, cardiopatici, pazienti oncologici o con sistemi immunitari fragili. È una difesa in più che ci fa affrontare l’intervento con più tranquillità” – ha spiegato il medico – “Oggi facciamo questo primo impianto e potremo estendere l’operazione a tanti altri pazienti, sia in regime convenzionato che privato”.

Agi

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