Create fibre sintetiche fatte di tessuto muscolare più resistenti del Kevlar – Sfruttando il potere biosintetico di Escherichia coli, sono stati polimeri di titina che potranno essere utilizzati per varie applicazioni, dalla medicina ai tessuti antiproiettile
Ad altissime prestazioni meccaniche, di derivazione non animale, completamente biodegradabile e rinnovabile: il materiale del futuro potrebbe essere fatto da fibre muscolari. I ricercatori della Washington University di St. Louis hanno sviluppato fibre ultra-resistenti e ad alte prestazioni fatte di titina, una proteina presente naturalmente nei muscoli.
L’approccio innovativo di biologia sintetica con cui hanno realizzato le fibre promette applicazioni su ampia scala, dall’industria dei tessuti – le fibre sembrano essere più resistenti del Kevlar, il materiale dei giubbotti anti-proiettile – alla biomedicina, in un’ottica di maggiore sostenibilità e rinnovabilità rispetto ai materiali finora usati. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Nature Communications.
Quando la natura supera l’ingegneria
Fibre di seta ultra-resistenti, esoscheletri di insetti estremamente elastici, madreperla inalterabile alle forze di compressione: quando si tratta di realizzare materiali con eccezionali proprietà meccaniche, biodegradabili e derivanti da materie prime rinnovabili, non c’è nulla che batta la natura. Questi materiali naturali alte prestazioni sono spesso costituiti da proteine di grandi dimensioni, e le loro caratteristiche meccaniche derivano da organizzazioni strutturali complesse di queste molecole.
Pur rappresentando una potenziale risorsa per numerosi impieghi industriali, molti di questi materiali non possono essere ottenuti facilmente dalle loro fonti naturali. Allora chimici e ingegneri hanno provato a riprodurli in laboratorio, a partire da derivati del petrolio: quello che hanno ottenuto sono materiali con proprietà piuttosto simili ai loro modelli naturali, ma con il prezzo da pagare della poca sostenibilità ambientale.
Prendiamo il caso della titina: si tratta della terza proteina più abbondante nel tessuto muscolare umano e che conferisce a esso la capacità di sviluppare elevata forza durante lo stiramento, di smorzare gli stimoli ricevuti e di consentire un rapido recupero meccanico. Le macromolecole artificiali che imitano questo materiale sono in genere derivate dal petrolio, non biodegradabili e la cui produzione prevede processi industriali dispendiosi e poco sostenibili.
A questa difficoltà l’ingegneria dei materiali ha risposto con le tecnologie di produzione microbica: batteri come Escherichia coli vengono indotti a produrre proteine precedentemente ingegnerizzate al computer, con una tecnica sostenibile e che non impiega derivati del petrolio. Sebbene i microbi ingegnerizzati siano già stati utilizzati per la produzione rinnovabile di molte piccole molecole, la sintesi microbica di materiali costituiti da numerose catene di proteine di grandi dimensioni (detti materiali polimerici) rimane una sfida importante per gli ingegneri dei materiali. Sfida che hanno accolto i ricercatori statunitensi, guidati da Zhang Fuzhong, autore senior dell’articolo.
Un sistema economico e sostenibile
Per la prima volta, infatti, gli scienziati sono riusciti a produrre, senza ricorrere ad animali e sfruttando il potere biosintetico di Escherichia coli, polimeri di titina di grandi dimensioni. Il team di ricerca dapprima ha ingegnerizzato i batteri in modo che producessero porzioni più piccole della proteina e che poi li mettessero insieme in polimeri grandi 50 volte la dimensione di una proteina batterica media.
Poi hanno convertito i polimeri in fibre di circa 10 micron di diametro, un decimo dello spessore di un capello umano. Il risultato ottenuto consiste in fibre a base di titina che mostrano un’affascinante combinazione di proprietà meccaniche. Il materiale, infatti, non solo presenta le stesse caratteristiche delle fibre muscolari naturali, ma anche un’elevata resistenza e tenacità, maggiore persino di quella di molte fibre artificiali e naturali ad alte prestazioni.
Il processo di produzione economico e sostenibile con cui viene sintetizzata, insieme alla biodegradabilità e la rinnovabilità della fibra stessa, la rendono un candidato eccellente per applicazioni ecocompatibili in numerosi settori: per esempio, nella produzione di materiali antibalistici, reti, suture e, in generale, nell’ingegneria dei tessuti.
Non solo: il materiale possiede tutte le carte in tavola per essere utilizzato anche in biomedicina. Poiché è quasi identico alle proteine presenti nel tessuto muscolare, le fibre sintetizzate probabilmente sono anche biocompatibili e potrebbero quindi essere un ottimo materiale per suture, ingegneria tissutale e medicina rigenerativa. “La bellezza del sistema è che è davvero una piattaforma che può essere applicata ovunque“, ha affermato Cameron Sargent, primo autore dello studio: “Possiamo prendere proteine da diversi contesti naturali, quindi inserirle in questa piattaforma per la polimerizzazione e creare proteine più grandi e più lunghe per varie applicazioni di materiali, con una maggiore sostenibilità“.