Spazio: la mancanza di gravità manda in tilt il sistema immunitario – I lunghi viaggi spaziali compromettono il sistema immunitario degli astronauti, per lo più per effetto della mancanza di gravità. Lo rivela uno studio degli scienziati dell’Istituto Buck per la ricerca sull’invecchiamento, pubblicato su Nature Communications. Da quando gli esseri umani viaggiano nello spazio, gli astronauti hanno riportato effetti significativi sulla salute, dovuti alle condizioni estreme del volo spaziale. “Nello studio mostriamo come la microgravità simulata modelli le cellule immunitarie e come i cambiamenti di forza alterino la funzione delle cellule a livello di singola cellula”, ha dichiarato Daniel Winer, professore associato al Buck e coautore del lavoro.
“Questo livello di risoluzione è nuovo ed entusiasmante e ci aiuta a comprendere gli effetti della microgravita’ sulle cellule”, ha continuato Winer. Utilizzando cellule in microgravità simulata, combinate con i dati del volo spaziale di astronauti e topi sulla Stazione spaziale internazionale, i ricercatori hanno creato un quadro completo di come le diverse cellule del sistema immunitario nel sangue periferico siano modellate dalla gravita’ ridotta. Queste cellule includono linfociti e monociti, che sono i principali attori dell’immunità.
Lo studio ha potenziali implicazioni per l’invecchiamento immunitario sulla Terra, poiché i cambiamenti osservati durante l’invecchiamento assomigliano a quelli rilevati durante i viaggi nello spazio. Il gruppo di ricerca ha inoltre delineato un percorso per l’identificazione di composti in grado di invertire gli effetti della gravità quasi zero e ha dimostrato che uno di questi, la quercetina, è promettente per mitigare i danni causati dal volo spaziale e dal normale invecchiamento a terra. “Il nostro lavoro fornisce una risorsa per comprendere meglio come e perché il sistema immunitario cambia in condizioni di microgravità e di volo spaziale simulato”, ha spiegato David Furman, anch’egli del Buck e coautore del lavoro. “Forniamo anche un modo per sviluppare contromisure per mantenere la normale immunità in queste condizioni difficili”, ha proseguito.
Gli astronauti in orbita terrestre bassa, come nella Stazione spaziale internazionale, soffrono di condizioni che attaccano il sistema immunitario, in particolare infezioni, riattivazione di virus latenti e sensibilità cutanea. Queste reazioni si verificano anche durante i voli spaziali di breve durata. Studi precedenti, condotti in condizioni di microgravità reali o simulate, hanno rilevato un’alterazione della funzione di varie cellule immunitarie. Tuttavia, i meccanismi fondamentali, i geni e le vie che spiegano la disfunzione immunitaria in microgravità non erano per lo più chiari ai ricercatori, che hanno deciso di esaminare cosa succedesse a livello cellulare per spiegare i cambiamenti.
Il gruppo di scienziati, guidato dai coautori dello studio, il ricercatore post-dottorato, Fei Wu, e lo studente laureato, Huixun Du, ha esaminato in modo approfondito come 25 ore di microgravità simulata influenzino il sistema immunitario mononucleare del sangue periferico umano, utilizzando campioni di 27 donatori umani sani, di età compresa tra i 20 e i 46 anni. Per simulare un ambiente quasi privo di gravità, la squadra di ricercatori ha coltivato le cellule all’interno di un Rotating Wall Vessel, un dispositivo sviluppato dalla Nasa per simulare le condizioni di microgravità.
Per esplorare i cambiamenti causati dalla gravità ridotta, i ricercatori hanno utilizzato diverse tecniche, tra cui il sequenziamento e la microscopia a super-risoluzione. Gli scienziati hanno poi convalidato le loro scoperte confrontando i dati con altri studi spaziali condotti su esseri umani e topi, tra cui la missione Jaxa, Cell-Free Epigenome study, la missione Inspiration 4 di SpaceX, il Twins Study della Nasa e la milza di topi ospitati sulla Stazione spaziale internazionale. “È interessante notare che i cambiamenti nelle forze meccaniche sembrano orchestrare la funzione delle cellule immunitarie”, ha dichiarato Winer, il cui interesse per lo studio della medicina spaziale è nato dall’approfondimento del campo emergente della meccanoimmunologia, ovvero come le forze ambientali influenzano la funzione delle cellule immunitarie.
“Alcune parti dell’astroimmunologia sono collegate alla meccanoimmunologia, ma si sta affermando come nuovo campo, aprendo la strada a una migliore comprensione di come aiutare il sistema immunitario a sopravvivere nello spazio”, ha proseguito Winer. Dopo aver scoperto diversi geni e percorsi biochimici che vengono influenzati dalla microgravità, il gruppo di ricerca ha voluto verificare se fosse possibile trovare farmaci o integratori specifici in grado di proteggere le cellule immunitarie. Per aiutarsi nella ricerca, hanno utilizzato la tecnologia di apprendimento automatico sviluppata da Furman alla Buck, in grado di rilevare più di 2 milioni di interazioni tra i geni e diversi farmaci e alimenti.
Gli autori hanno identificato decine di potenziali composti e ne hanno scelto uno, il pigmento vegetale quercetina, spesso presente, tra l’altro, nelle cipolle rosse, nell’uva, nei frutti di bosco, nelle mele e negli agrumi, da esplorare ulteriormente, poiché è ampiamente disponibile come integratore antiossidante e anti-invecchiamento. La quercetina ha invertito circa il 70% dei cambiamenti causati dalla mancanza di gravità e ha protetto le cellule dall’eccesso di specie reattive dell’ossigeno.
“Questi risultati definiscono i tratti distintivi dell’alterazione delle cellule immunitarie nella microgravità simulata, con una correlazione con l’esposizione ai voli spaziali nei topi e negli esseri umani”, ha sottolineato Winer. “Questo lavoro aiuta a definire le strade per la ricerca futura in meccanoimmunologia e astroimmunologia e offre l’opportunità di sviluppare contromisure per mantenere la normale funzione cellulare nello spazio”, ha aggiunto Winer. “Lo studio – ha affermato Furman – definisce lo standard per l’analisi dei cambiamenti fisiologici che accompagnano i viaggi nello spazio. “Questo è il primo studio completo che fornisce alla comunità scientifica mondiale un atlante per comprendere la biologia umana in questa condizione estrema”, ha specificato Furman: le implicazioni sono enormi, al di là degli esseri umani nello spazio”, ha riconosciuto.