Premio Sakharov a Mahsa Amini e al movimento Donna Vita Libertà – Dopo il premio Nobel per la pace all’attivista iraniana detenuta in Iran Narges Mohammadi, il Parlamento europeo conferisce alla studentessa curda morta per aver messo male il velo obbligatorio, il prestigioso premio per la libertà di pensiero.
La studentessa curdo-iraniana è morta oltre un anno fa a Teheran mentre era in custodia della polizia morale iraniana per aver messo male il velo islamico obbligatorio.
Solo un mese fa il mondo ha ricordato il primo anniversario della morte della 22enne originaria di Saqquez nel Kudistan iraniano, avvenuta il 16 settembre del 2022.
“Il Parlamento europeo è orgoglioso di sostenere i coraggiosi e i ribelli che continuano a lottare per l’uguaglianza, la dignità e la libertà in Iran. Siamo al fianco di chi, anche dal carcere, continua a tenere vivo il movimento ‘Donne, Vita e Libertà’. Scegliendoli come vincitori del Premio Sacharov per la libertà di pensiero 2023, quest’Assemblea ricorda la loro lotta e continua a onorare tutti coloro che hanno pagato il prezzo più alto per la libertà”, ha detto in Aula la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. L’annuncio è stato accompagnato da un fragoroso applauso dell’aula parlamentare europea (nel video qui sotto).
La verità sulla morte di Mahsa Jina Amini è stata avvolta dal mistero: in un video apparso sui social la giovane si accasciava nel centro di detenzione di Vozara a Teheran, secondo gli attivisti come conseguenza delle percosse e degli abusi subiti dopo l’arresto. Secondo le autorità iraniane la studentessa è morta, invece, per una malattia pregressa legata al cuore. Una “giustificazione” da parte delle autorità che ha toccato anche altre vittime delle proteste. Il suo avvocato Saleh Nikbakht è stato condannato a un anno di prigione, per “attività di propaganda contro il sistema”.
Nel frattempo il volto della giovane Mahsa è divenuto simbolo di una rivolta senza precedenti nel paese islamico. La sua morte ha scatenato massicce proteste guidate dalle donne iraniane che poi hanno coinvolto diversi strati della popolazione, soprattutto giovani e giovanisssimi, ma anche uomini, anziani che chiedono riforme strutturali: sociali, ambientali e politiche. Lo slogan di matrice curda “Donna, Vita, Libertà” ha accompagnato per oltre un anno le rivolte in strada e nelle piazze di tutto il Paese minacciando la tenuta stessa dello Stato islamico guidato dagli ayatollah sin dalla Rivoluzione khomeinista del 1979.
La violenta repressione che ne è seguita ha messo l’Iran sotto la lente della comunità internazionale per gravi violazioni dei diritti umani, con Teheran soggetto a sanzioni internazionali che hanno colpito la tv di Stato, i Pasdaran e alcuni funzionari iraniani. Quasi 600 i morti legati alla protesta del velo, 20mila gli arresti e 7 le condanne a morte eseguite. Ma la protesta del velo cova ancora sotto la cenere: oggi in molti si chiedono se l’ultima eroina del velo Armita Garavand, 16anni attaccata nella metro da una pattuglia della morale perchè non portava il velo, sia ancora viva oppure morta.
“In seguito alla brutale repressione di queste proteste da parte del regime iraniano, il Parlamento europeo ha più volte condannato la terribile situazione dei diritti umani nel Paese. Nell’ottobre 2022, gli eurodeputati hanno chiesto sanzioni contro i funzionari iraniani coinvolti sia nella morte di Jina Mahsa Amini che nella repressione del regime, e hanno espresso il loro forte sostegno al movimento pacifico di protesta in Iran. Nel gennaio 2023, gli eurodeputati hanno chiesto ulteriori sanzioni contro il regime iraniano e che l’Ue inserisca il Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche nella sua lista dei terroristi”, si legge in una nota del Pe.