“Messico e nuvole, la faccia triste dell’America.. il Vento soffia la sua armonica, che voglia di piangere ho…” cantava così Enzo Jannacci. Ascoltandola pensiamo ai cieli del Messico, così vivi e luminosi e ci vengono subito in mente i colori dell’anima di Frida Kahlo.
Figlia di un fotografo, fin da piccola apprende dal padre l’interesse nel documentare la realtà, anche la più piccola e dimessa, come insetti, uccelli dai colori variopinti, piante e frutti. La malattia, contratta all’età di sei anni, non le impedisce di essere una bambina serena e vivace.
La salute fisica, purtroppo, non l’assiste neanche durante l’adolescenza quando, a causa di un’incidente tra due mezzi di trasporto, è costretta a letto molti mesi in un busto di gesso e sottoposta a numerose operazioni, che ne minano la possibilità di diventare madre, ma non l’animo e la vena artistica. Frida Kahlo si avvicina alla politica, divenendo una sostenitrice del Partito Comunista Messicano, una tra le prime donne a sostenere questo movimento. Ma senza dubbio l’episodio più significativo della sua vita fu l’incontro con il già affermato pittore Diego Rivera, che rimarrà, anche dopo il matrimonio, i numerosi tradimenti e gli aborti, il suo grande amore.
La storia di Frida è anche storia di un’integrazione mancata, quando sia lei che il marito si trasferiscono negli Stati Uniti per una serie di commissioni, ma non vi trovano quel clima di libertà e apertura che rappresentava l’America degli anni Ruggenti. Tornata in Messico, tende ad isolarsi dal marito che la tradisce ripetutamente e la sua casa, la Casa Azul, diviene il ritrovo dell’intellighenzia Europea. Qui, divenuta ora la casa museo, è possibile ammirare alcune tra le sue tele più belle: “Ritratto di mio padre, Wilhem Kahlo” e “Viva la vida”.
L’amore di Frida per la vita e per la sua terra natia si lega indissolubilmente ai colori, ai contrasti, alla vivacità e alla carnalità delle sue rappresentazioni al limite del surrealista, anche se lei, donna libera e indipendente, non amava le etichette da libro. La sua forza e la sua cifra artistica è consistita sempre nel rappresentare, in maniera moderna e disinvolta per l’epoca, il dolore di una donna ferita, nel corpo e nell’anima e nel non vergognarsi mai a mettere a nudo la proprio anima, mostrando di una donna quello che artisticamente non era mai stato svelato con tale crudo realismo.
“È la prima volta nella storia dell’arte che una donna esprime con totale sincerità, scarnificata e, potremmo dire, tranquillamente feroce, i fatti e particolari che riguardano esclusivamente la donna. La sua sincerità, che si potrebbe definire insieme molto tenera e crudele, la portò a dare di certi fatti la testimonianza più indiscutibile e sicura; è perciò che dipinse la sua stessa nascita, il suo allattamento, la sua crescita dentro la sua famiglia e le sue terribili sofferenze, e di ogni cosa senza permettersi mai la minima esagerazione né divergenza dai fatti precisi, mantenendosi realista e profonda, come lo è sempre il popolo messicano nella sua arte, compresi i casi in cui generalizza fatti e sentimenti, arrivando alla loro espressione cosmogonica …”, Diego Rivera.
Di Elena Pompei