I LIMITI DELL’INSEGNAMENTO

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I LIMITI DELL’INSEGNAMENTO – La contemporaneità ha la pretesa di far passare tutto ciò che è umano attraverso la griglia della razionalità e, al limite, del buon senso.

I problemi della psiche, però, o se vogliamo parlare in termini poetici gli affari di cuore e di anima, necessitano di altri strumenti di interpretazione, di più sofisticati dispositivi di analisi e di trattamento.
Qualcuno ha scritto su Facebook testualmente che “la scuola italiana potrà essere la seconda famiglia, quando la famiglia tornerà ad essere la prima scuola”. Ecco, partiamo da qui, da
questa considerazione che è, insieme, punto di osservazione e principio di cura per i disagi in cui versano le nuove generazioni.
Paolo Crepet, in un colpo solo, inquadra il problema e individua la possibile soluzione: “mi sembra di percepire che si stia diffondendo un certo senso comune, accettato da una parte
degli adulti, teso a rendere il futuro dei nostri figli sempre più fragile e ricattabile.
Un’alleanza, per molti versi inspiegabile, tra diverse agenzie educative – famiglia, scuola, mass media – con lo scopo di fiaccare proprio chi dovrebbe da queste essere fortificato (…)
dovremmo trovare il coraggio di esimerci dall’idea di asportare chirurgicamente ogni forma di dolore e di frustrazione dal cammino di crescita dei nostri figli”.
Molte forme di autolesionismo – dai comportamenti sessuali a rischio all’uso di sostanze tossiche, dall’isolamento sociale alla deformazione chirurgica dei corpi e via via elencando –
sono comportamenti di fuga da un intollerabile rapporto con se stessi prima che da una insopportabile realtà esterna. E da dove deriva questo rifiuto di sé se non da una sbagliata
impostazione famigliare, scolastica e sociale?

Basta scorrere rapidamente le pagine dei vari apparati cosiddetti social per trovare la risposta immediata a questa e ad altre domande. Abbiamo uomini da risvoltino che non
sono ancora entrati nell’età della responsabilità adulta; mamme con vestiti eccessivamente eccentrici, nonne rifatte da milfone e bambine adultizzate per organizzare ‘calippi e pacchi tour’. C’è chi dice, in un’intervista, che ‘la laurea è per una ragazza cesso, perché una figa troverà sempre uno che la mantiene’; poi la madre di Elisa Esposito, quella del parlare in corsivo, che risponde ad una critica sulla vendita del corpo della figlia affermando che è meglio OnlyFans che sgobbare per otto ore.
I padri? Non pervenuti. Assenti già prima della lotta contro il patriarcato, ridotti a ‘mammi’, secondo una definizione di Claudio Risé, perciò incapaci di togliere – metaforicamente – le ruotine la bicicletta dei figli e lasciarli pedalare. Uomini già di per sé estranei alla realtà, quindi incapaci di trasmettere questo passaggio essenziale ai figli. E quando la bolla di
irrealtà si frantuma, restano le patologie più variegate a dimostrazione di una mancata educazione psichica. A questo punto, ogni tentativo di insegnamento al sentimento, al
sacrificio, al coraggio, alla determinazione rimane – e dev’essere chiaro per tutti – una ipocrita mistificazione per nascondere una verità che risale all’antichità della filosofia: ci
sono cose imparabili, ma non insegnabili, e la chiave per imparare è solo l’esempio.

Di Adriano Segatori

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