L’Italia riapre con il coprifuoco di Antonfrancesco Venturini
Il titolo di questo articolo è una specie di ossimoro come “ghiaccio bollente” o “lucida pazzia”, i termini riapertura e coprifuoco non sono certo armonici, ma di contraddizioni e provvedimenti poco comprensibili ci hanno abituato i due ultimi governi.
Lo scorso anno in piena prima ondata di pandemia, nella quale gli italiani erano ancor più impauriti di oggi, ho avuto un senso di fastidio nel sentire un giurista di livello come il Presidente Conte, nella sua veste di Capo dell’Esecutivo, usare il verbo “consentire” riguardo alle libertà fondamentali di ognuno di noi, quando è la stessa Costituzione a mettere tali libertà al di sopra anche di Essa, infatti nell’art.2 della Carta si usa il verbo “riconoscere” in relazione ai diritti inviolabili dell’uomo e tale uso non è stato messo a caso, ma per indicare come essi esistano ed esisteranno sempre indipendente da qualsiasi legge anche di rango costituzionale. Non si tratta semplicemente di terminologia ma di vera sostanza, quel verbo utilizzato dal Premier in conferenza stampa mi ha fatto sentire suddito più che cittadino.
La sensazione è stata quella di avviarci verso un sistema poco compatibile con una democrazia parlamentare come la nostra. Ulteriore segnale di ciò è il discutibile ricorso ai DPCM che sono meri atti amministrativi, di competenza del solo Presidente del Consiglio non soggetti ad alcun controllo del Parlamento e della Corte Costituzionale, ma di debole valenza essendo impugnabili al Tar. Comprendo l’urgenza, ma esistevano ed esistono i decreti legge, poi, in un secondo momento, anch’essi utilizzati, e comunque era ed è fondamentale il massimo coinvolgimento delle due Camere uniche vere e primarie rappresentanti della volontà popolare.
Le principali democrazie europee Germania, Francia e Spagna hanno nel loro ordinamento la previsione di vari stadi emergenziali, ognuno dei quali comporta il detto coinvolgimento sia pur con diverse modalità, la prima ha previsto una specifica legge sulla protezione dalle infezioni, anche la seconda ha utilizzato un particolare sistema legislativo introducendo nell’ambito del “Code de la Santè Publique” lo stato d’urgenza sanitaria, gli iberici, infine, hanno previsto nella loro Costituzione l’estado de alarma, in seguito al quale il Governo può, con decreto, restringere le libertà fondamentali, ma solo per quindici giorni, dopo di che deve necessariamente essere coinvolto il Congreso de Los Diputados.
Noi, invece, viaggiamo un po’ a vista privilegiando la gestione governativa nella quale il Parlamento è troppo poco coinvolto.
In tale quadro non stupiscono le sentenze che iniziano ad uscire di annullamento delle sanzioni, l’ultima delle quali è la recente pronuncia del Giudice di Pace di Camerino, che proprio sulla violazione del coprifuoco è intervenuta. Non è questa la sede per entrare nel merito di questioni giuridiche, ma di certo molti argomenti a favore della illegittimità delle sanzioni esistono e di ciò non dovremmo gioire visto che non è sicuramente un bene che provvedimenti legislativi o amministrativi, frutto di scelte delle Istituzioni, presentino elementi di debolezza, indipendentemente dal loro specifico contenuto, ciò è un evidente vulnus alla certezza del diritto.
In ultimo è arrivato il recente provvedimento sulle così dette riaperture che, però, ha mantenuto il coprifuoco alle 22.00. Tale limitazione alla libertà personale, che, peraltro, non sembra sia stata neppure suggerita dal CTS, ritengo sia meramente ideologica ed inaccettabile, fa quasi sorridere, poi, la diatriba tra i partiti di governo di portare l’orario alle 23.00, che nulla cambierebbe.
Giusto che ci siano dei protocolli di sicurezza, giustissimo che ci siano severi controlli sulla movida, ma costringere le persone a casa appare veramente troppo. Per non parlare poi del grave danno al turismo (chi verrà in Italia questa estate sapendo di tale restrizione?), alla ristorazione, ai cinema ed ai teatri. A Roma alle 22.00 stiamo tutti ancora cercando parcheggio.
Spero che tale limitazione sia presto tolta e nelle more, quanto meno, venga consentito di superare l’orario per chi vada al ristorante (che dovrebbe essere aperto sia a pranzo che a cena), al cinema o a teatro in tutta sicurezza, potendo comprovare con la ricevuta, la prenotazione o con il biglietto il proprio diritto.