La Corte Costituzionale tedesca ha bloccato la ratifica del Recovery fund

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ue terrorismo - bruxelles

Dai giudici di Karlsruhe arriva una doccia fredda. Senza la ratifica di tutti i 27 la Commissione europea non può erogare i 750 miliardi di euro.
Un nuovo ostacolo al Recovery Fund è arrivato dalla Corte Costituzionale tedesca. I giudici di Karlsruhe hanno indicato al presidente Frank-Walter Steinmeier che non potrà procedere alla ratifica del fondo da 750 miliardi di euro varato dall’Ue per la ripresa dell’Europa devastata economicamente dall’uragano del coronavirus finché non arriverà un pronunciamento in merito della stessa corte.

Il paradosso è che lo stop arriva proprio nel giorno in cui il Bundesrat – la camera dei Laender – ha dato, peraltro all’unanimità, il suo via libera all’imponente pacchetto d’aiuti post-pandemia, che ha già avuto luce verde dal Bundestag con una maggioranza schiacciante. Un iter parlamentare concluso, insomma, a cui mancava solo la firma del capo dello Stato.

A quanto si spiega a Karlsruhe, la decisione di sospendere la ratifica è legata alla presentazione di vari ricorsi, in particolare quello dell’associazione “Buergerwille” (ossia “volontà dei cittadini”) legata a Bernd Lucke – l’economista anti-euro e fondatore, poi dimessosi, dell’Afd, il partito dell’ultradestra – secondo il quale la possibilità che il Recovery venga finanziato con mezzi propri rappresenta una forma di condivisione del debito “inammissibile” in Germania, la quale affronterebbe “rischi finanziari incalcolabili” nel lungo periodo.

A quanto afferma l’alleanza di Lucke sul proprio sito internet, il ricorso è firmato da 2281 cittadini tedeschi: preoccupati, a quanto pare, che altri Stati membri dell’Unione europea – più deboli finanziariamente della Germania – alla fine dei giochi possano non essere in grado di ripagare la propria quota del pacchetto di bond comuni, con l’effetto che i Paesi più robusti economicamente si vedano costretti ad essere loro a sborsare quanto dovuto ai creditori.

La questione non è di poco conto: la Commissione Ue può dare il via all’ammissione dei crediti e dei pagamenti solo quando tutti e 27 i Paesi membri avranno a loro volta ratificato l’accordo sul Recovery fund.

La conseguenza immediata è che la ratifica da parte di Steinmeier viene bloccata fino al giudizio di Karlsruhe. In teoria non esiste uno spazio temporale prefissato entro il quale la Corte costituzionale tedesca debba esprimersi, ma in seguito alla presentazione di un ricorso d’urgenza la procedura in generale non va oltre i tre mesi.

Da parte sua, il ministro alle Finanze Olaf Scholzha cercato di gettare acqua sul fuoco, affermando che il governo “è ben attrezzato” per sostenere ricorsi alla Corte costituzionale: “L’esperienza con altre denunce analoghe mi rendono fiducioso circa il fatto che la ratifica possa essere conclusa in tempi brevi”.

Ne è convinta anche la Commissione Ue: siamo “fiduciosi che la Corte costituzionale tedesca deciderà rapidamente sul caso delle misure provvisorie”, ha commentato un portavoce. Non solo: la Commissione “è convinta della legittimità della decisione sulle risorse proprie”, ha aggiunto il portavoce, secondo il quale questa “non è stata messa in discussione dal tribunale”.

In generale, a detta di Bruxelles “è fondamentale che la decisione per il Recovery fund sia approvata rapidamente da tutti gli Stati membri, in particolare alla luce delle sfide dovute alla pandemia Covid-19”. E ancora: “L’obiettivo dell’Ue resta quello di garantire il completamento del processo di ratifica in tutti gli Stati membri entro la fine del secondo trimestre di quest’anno”.

A Berlino prevale un certo ottimismo circa un verdetto positivo da parte dei togati di Karlsruhe: difficile andare contro una sovranità parlamentare così schiacciante, con un Bundestag che si è espresso per due terzi a favore del Recovery fund ed un Bundesrat che ha votato all’unanimità.

Nell’approvare il sistema di finanziamento dell’Ue fino al 2027, la camera che riunisce i Laender ha anche approvato lo schema del fondo per la ricostruzione post-pandemica, dove parte del fondo fluirà ai Paesi beneficiari in forma di sovvenzioni, parte come prestiti, attraverso un sistema di bond comuni.

Tuttavia, la Commissione europea può iniziare a prendere i prestiti ed effettuare i pagamenti solo quando tutti i 27 stati dell’Unione europea avranno ratificato la decisione. Nel governo tedesco c’è soddisfazione per questo passaggio.

Lo stesso Scholz, che è anche vice cancelliere, ha parlato di “un chiaro segnale della solidarietà e della forza dell’Ue”, sottolineando che “in Germania vi è una ampia maggioranza a favore di un’Europa solidale e capace d’azione. Insieme ci impegniamo perché tutto il continente esca bene dalla crisi e venga messo in grado di affrontare un futuro digitale e attento al clima”.

Ma intanto l’attenzione è tutta rivolta verso Karlsruhe: e non è la prima volta che la Corte costituzionale tedesca sottopone l’Europa a docce fredde, per esempio affermando il rischio che la sovranità della Germania (e della Bundesbank) sia limitata dalle decisioni della Bce: l’ultima volta è stato l’anno scorso, quando i giudici costituzionale hanno ritenuto di affermare che il ‘quantitative easing’ varato da Mario Draghi nel 2015 potesse violare il mandato dello stesso Eurotower non rispettando il principio di proporzionalità.

In più, Karlsruhe stabilì che la stessa Banca centrale europea dovesse spiegare in modo convincente ed entro tre mesi la presenza della Bundesbank nel programma. A questo giro, si ritiene che i giudici costituzionali siano sensibili al fatto che c’è in ballo il voto dei parlamenti nazionali di numerosi Paesi membri: fatto sta che ancora una volta al Vecchio Continente tocca rimanere col fiato sospeso.

Agi

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