Il 4 marzo scorso a Cles, in provincia di Trento, si sono perse le tracce di Sara Pedri, ginecologa 31enne originaria di Forlì, che aveva appena dato le dimissioni dall’ospedale del paese. S’indaga anche all’interno della struttura sanitaria ed è già stato fatto nel reparto di Ginecologia dell’Ospedale “Santa Chiara” del capoluogo trentino, da dove la professionista era stata trasferita. La decisione di “approfondire” le circostanze della scomparsa, è stata confermata dal Dottor Antonio Ferro, direttore sanitario, le cui dichiarazioni sono state riportate da LAdige.it.
I familiari della giovane dottoressa sono certi che abbia subito un pessimo ed ingiustificato trattamento sul lavoro (mobbing). Pertanto, intervenuti di recente alla trasmissione “Chi l’ha visto?”, hanno chiesto non solo di continuare le ricerche (che erano state sospese il 14 aprile), ma anche a chi sappia qualcosa, fra gli ex colleghi di Sara, di parlare.
Alcuni membri del personale hanno già riferito di un clima difficile. Di un “ambiente non sano”, che non li rende “tranquilli” a rilasciare testimonianze (semmai solo in forma anonima, come è successo). Il consigliere provinciale Claudio Cia (sì, anche la politica si sta interessando al caso) ha fatto presente di aver saputo che all’interno del reparto ci sarebbero stati “problemi di carattere relazionale”, che avrebbero portato 11 ginecologi a rassegnare le dimissioni negli ultimi due anni.
Emanuela Pedri, sorella di Sara, ha raccontato che la giovane sarebbe stata apostrofata con il termine “incapace”, rimanendo ovviamente molto ferita e mortificata. Poi non le sarebbe stato permesso di svolgere il suo lavoro, ma senza licenziarla: semplicemente non le veniva dato nulla da fare.
Sara, ha proseguito Emanuela, a febbraio era tornata a vivere con la sua famiglia e manifestava segni di nervosismo e sofferenza. Poi finalmente la decisione di dimettersi, confidando alla sorella di essersi “tolta un peso”, ed era tornata a casa sua a Cles.
Queste versioni, però, non coincidono con quella di elogio fornita dalla ginecologa che aveva preparato la giovane alla professione né con quella di Antonio Ferro, per cui “non ci sono elementi oggettivi” per collegare la sparizione di Sara al lavoro e non risulta avesse avuto alcun problema (il trasferimento sarebbe avvenuto per ragioni “tecniche”). Anzi, il primario Saverio Tateo (ora spostato altrove) non avrebbe voluto che si dimettesse.
Cosa è successo dunque? Perché questa brillante giovane dottoressa non si trova? La madre, Mirella Sintoni, ha anche scritto una lettera aperta pubblicata il 14 luglio sul “Corriere della Sera” e il giorno successivo sul settimanale “Giallo”.
La signora ha voluto far sentire la sua voce dopo che l’assessore provinciale alla Salute Stefania Segnana, aveva sostenuto che Sara fosse fragile, e ha smentito categoricamente, stanca di vedere fornita “un’immagine distorta e non veritiera” di sua figlia, “senza conoscere la persona in questione e neppure i fatti e le tante testimonianze da chi la conosce bene”. Ha chiesto quindi di pregare “perché il suo (della giovane, ndr) sacrificio non sia vano e possa allontanare per sempre dalla mente umana e dalle coscienze la mancanza di rispetto, e perché nessun altro debba sopportare le sofferenze vissute da Sara”. Ovviamente, inoltre, mamma Mirella vuole “la verità”.
Di Alessandra Boga