Omicidio Agitu Idea Gudeta, assassino condannato a 20 anni di carcere

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Omicidio Agitu Idea Gudeta – Suleiman Adams è stato condannato ad una pena di 15 anni e otto mesi per omicidio volontario e quattro mesi per lo stupro di Agitu Gudeta, uccisa in Trentino 14 mesi fa.

L’assassino di Agitu Ideo Gudeta, il trentatreenne Suleiman Adams, è stato condannato a 20 anni di carcere. La sentenza è arrivata a quasi 14 mesi di distanza dall’omicidio dell’imprenditrice, al termine di un processo svolto con rito abbreviato presso il Tribunale di Trento. Il Giudice Enrico Borrelli ha deciso di condannare l’uomo, reo confesso, ad una pena di 15 anni e otto mesi per omicidio volontario a cui sono stati aggiunti quattro anni e quattro mesi in quanto accusato anche di violenza sessuale. Non è servito a nulla quindi, il tentativo dell’avvocato difensore di Adams, Nicola Zilio, di puntare l’attenzione sul movente economico. «Si tratta di un risultato prevedibile – afferma a Kodami Marianna Moser, amica della donna – Possiamo dire che sia stata fatta giustizia ma nessuno ci restituirà la nostra amica Agitu».

Dalla notte dell’omicidio alla sentenza

Era la notte del 28 dicembre 2020 e Agitu Ideo Gudeta si trovava nella sua casa di Frassilongo, in Valle dei Mocheni a pochi chilometri da Trento, quando Suleiman Adams, pastore che da qualche tempo collaborava con la donna, arrivò armato di martello e la uccise brutalmente con 5 colpi, prima di nascondersi all’interno della stalla dove si trovavano le capre. Poche ore dopo, con l’arrivo della polizia e la confessione del reato commesso, l’uomo era stato arrestato e, il giorno successivo, trasferito al carcere di Trento.

Immediata fu la reazione da parte della comunità della zona, dove Agitu era nota per la passione con cui conduceva il suo lavoro di allevatrice e proprietaria dell’azienda agricola La capra felice. Nei giorni successivi, infatti, il connazionale della donna e rappresentante legale della Onlus “amici dell’Etiopia” Zebenay Jabe Daka, diede vita ad una raccolta fondi con l’obiettivo di ottenere il denaro necessario per tutelare il lavoro svolto negli anni da Agitu e il benessere delle sue capre.

«Agitu non era solo trentina o solo etiope – aveva dichiarato Zebenay pochi giorni dopo l’omicidio – era cittadina del mondo e questo si vedeva nell’amore che sta ricevendo anche ora che non c’è più».

Il destino delle capre pezzate mochene di Agitu

Agitu, nota per l’amore dimostrato ai suoi animali animali, era proprietaria di un gregge di circa 60 capi appartenenti ad una razza rara e diffusa solo in Trentino. Nei giorni successivi al 28 dicembre 2020, i suoi animali vennero immeditatamente affidati a Beatrice Zott, una giovane pastora della zona che conosceva bene la donna. «Le sue capre sono assolutamente in forma, sebbene ne tenesse così tante in un ambiente così piccolo – aveva raccontato a Kodami la ragazza – Ogni allevatore ha il suo sistema ma se penso al mio approccio e al suo, nonostante io abbia 20 anni, sono convinta che Agitu fosse sicuramente più moderna di me nel modo di porsi con gli animali».

Le capre però, non rimasero a lungo con Beatrice. Solo pochi giorni dopo, in seguito ad un’analisi della situazione da parte dei veterinari dell’Azienda Sanitaria, vennero ancora una volta trasferite e suddivise tra i pascoli appartenenti a numerosi allevatori della valle.

A diffondere la notizia del trasferimento era stato Franco Ianeselli, sindaco di Trento, il quale con un post su Facebook, aveva assicurato che la soluzione individuata dai veterinari fosse in linea con la tutela del benessere degli animali: «Nonostante abbia richiesto la separazione del gregge, gli esperti hanno consigliato di affidare le capre ai professionisti del settore – aveva scritto – Si tratta di persone attente e capaci, con spazi e ambienti adatti anche ai capretti appena nati».

Kodami

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