“Invasione studiata. Senza un intervento ne arrivano 250mila” – L’ammiraglio Nicola De Felice: “Servono accordi con chi comanda in Libia. E centri gestiti dall’Onu”.
Nicola De Felice, ammiraglio in riserva della Marina militare, non ha mai avuto peli sulla lingua sull’emergenza migranti. Sul tema ha dato alle stampe il libro Fermare l’invasione e risponde alle domande del Giornale sull’ultima ondata.
«Bomba» di Pasqua con circa 3200 migranti già sbarcati o in arrivo. Cosa sta succedendo?
«Quello che ci si aspettava, purtroppo. Alla prima finestra anche temporanea di bel tempo riprendono le attività dei trafficanti di esseri umani. Mare permettendo aspettiamoci dai 5mila agli 8mila arrivi nel giro di 7-10 giorni. È un’ «invasione programmata. Da una parte ci sono forze che spingono per mettere in difficoltà il governo e dall’altra nuove e accentuate instabilità, oltre che in Libia, anche in Tunisia».
Da venerdì sono arrivati 2000 con i barchini soprattutto dalla Tunisia. La Guardia costiera locale, che ne ha già fermati oltre 14mila dall’inizio dell’anno, fa abbastanza?
«Mi risulta che facciano molto e che in questi ultimi giorni ci siano stati ben 22 intercettazioni di barche in partenza dalla zona di Sfax. I tunisini fanno il possibile, ma hanno bisogno di aiuto».
Non si può far qualcosa di più per fermare l’ondata?
«Certo, ma bisognerebbe effettuare un pattugliamento congiunto fra le forze navali italiane e la Guardia costiera tunisina nelle loro acque territoriali. Mi risulta che a Tunisi potrebbero essere d’accordo. Prima di tutto, però, è necessario sbloccare i finanziamenti che chiedono a livello internazionale. E ci vorrebbe un patto di cooperazione con la Tunisia stretto dell’Europa».
Dalla Tunisia arrivano soprattutto sub sahariani. Se vengono riportati a terra cosa bisogna fare?
«Creare dei centri di accoglienza gestiti da forze europee, ma sotto il cappello dell’Onu, anche finanziario, per decidere chi ha diritto alla protezione internazionale o all’asilo politico in Europa, non solo in Italia. Per chi non ha diritto vanno attivati con l’Iom (l’Organizzazione delle migrazioni legata all’Onu nda) i rimpatri volontari o forzati nei paesi di provenienza. Con queste nazioni bisogna usare una sorta di moral suasion esercitando pressioni, se necessario. Per esempio rimettere i dazi o ridurre i visti d’ingresso ed i finanziamenti per la cooperazione e sviluppo compresa quella militare con chi non collabora nel riprendersi i propri cittadini».
Stanno arrivando anche quattro pescherecci partiti da Tobruk con circa 1600 persone a bordo. Oramai la Cirenaica è il nuovo hub di partenza dalla Libia?
«È un ulteriore hub che si somma agli imbarchi dalla Tripolitania. Dall’Egitto è relativamente facile arrivare passando il confine terrestre. E ci sono compagnie aeree private che volano dalla Siria, dal Bangladesh e dal Pakistan atterrando all’aeroporto di Bengasi finanziato dall’Unione europea. Non a caso sono paesi delle stesse nazionalità di chi si imbarca sui pescherecci diretti in Italia».
Nessuna possibilità di accordo con il generale Khalifa Haftar, che controlla la Cirenaica?
«Bisogna assolutamente trovare accordi con chi comanda in Libia, al di là se è riconosciuto o meno dal’Onu. In nome del pragmatismo, senza tante remore, se vogliamo difendere l’interesse nazionale evitando ondate di migranti».
Le Ong del mare continuano a fare quello che vogliono?
«Purtroppo l’ho sempre sostenuto. Il nuovo governo sembrava partito bene con il decreto riguardante le Ong. Il problema è che non vengono responsabilizzati seriamente gli stati di bandiera. Quasi tutte le navi delle Ong battono bandiere straniere e fanno orecchie da mercante. Bisognerebbe convincere gli stati a togliergli la bandiera. Oppure che portino i migranti negli stati di bandiera come Spagna, Germania e Norvegia».
Se va avanti così quali sono le stime degli arrivi nel 2023?
«Se continueremo a giocare sulla difensiva arriveranno in 200-250mila».