Maltrattamenti alla moglie, per pm è un “fatto culturale”. Procura di Brescia si dissocia

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Maltrattamenti alla moglie, per pm è un “fatto culturale”. Procura di Brescia si dissocia – La Procura risponde alla richiesta di assoluzione chiesta da un pm per un uomo del Bangladesh accusato di aver maltrattato la moglie, e fa sapere di “ripudiare qualunque forma di relativismo giuridico, e non ammettere scriminanti estranee alla nostra legge”, che “è sempre stata fermissima nel perseguire la violenza, a prescindere da qualsiasi riferimento ‘culturale'”. A scriverlo in una nota il procuratore Francesco Prete. La vittima aveva denunciato l’ex marito nel 2019

Si possono giustificare dei maltrattamenti derubricandoli a un “fatto culturale”? La Procura di Brescia dice “no” e “ripudia qualunque forma di relativismo giuridico, e non ammette scriminanti estranee alla nostra legge”, che, sottolinea, “è sempre stata fermissima nel perseguire la violenza, morale e materiale, di chiunque, a prescindere da qualsiasi riferimento ‘culturale’, nei confronti delle donne”. A scriverlo in una nota il procuratore Francesco Prete riguardo l’assoluzione chiesta da un pm per un uomo del Bangladesh accusato di aver maltrattato la moglie in quanto, ha detto in aula, “i contegni di compressione delle libertà morali e materiali (…) sono il frutto dell’impianto culturale e non della sua coscienza”.

La nota del procuratore

Nella nota il procuratore Francesco Prete, riguardo alle affermazioni del pm in aula, sottolinea che “in base alle norme del codice di procedura penale (…) nell’udienza, il magistrato del pubblico ministero esercita le sue funzioni con piena autonomia’ e che sulla scorta dell’ordinamento giudiziario, le conclusioni rassegnate in aula “non possono essere attribuite all’ufficio nella sua interezza, ma solo al magistrato che svolge le funzioni in udienza”. Oltre a prendere le distanze a nome dell’ufficio dal sostituto bresciano che, nel chiedere l’assoluzione dell’uomo, ha affermato che “i contegni di compressione delle libertà morali e materiali della parte offesa da parte dell’imputato sono il frutto dell’impianto culturale e non della sua volontà di annichilire e svilire la coniuge per conseguire la supremazia della medesima”, il Procuratore ha tenuto a sottolineare che “le richieste di ispezioni ministeriali tese a verificare tale assunto ci lasciano assolutamente tranquilli, essendo tutti i magistrati dell’ufficio sicuri di avere sempre agito nel rispetto della legalità, secondo i parametri fornitici dalla Costituzione e dalla legge”.

La vittima: “Ho denunciato, dov’è la giustizia?”

La vittima è rimasta scioccata dalla richiesta di assoluzione del pm. “Dove è la giustizia e la protezione tanto invocata per le donne tra l’altro incoraggiate a denunciare al primo schiaffo? Oppure il fatto che io sia una bengalese tra le tante, mi rende di meno valore dinanzi a questo pm?”, ha protestato. La donna, nata in Bangladesh ma cresciuta in Italia, nel 2019 aveva trovato il coraggio di denunciare l’ex marito. “Sono stata trattata da schiava, picchiata, umiliata. Costretta al totale annullamento con la costante minaccia di essere portata definitivamente in Bangladesh”. In attesa della sentenza prevista per ottobre, la donna che si è costituita parte civile contro l’ex marito in un’intervista al Giornale di Brescia ha detto di aspettare c”on fiducia la sentenza perché – le sue parole – non posso pensare e credere che in una nazione come l’Italia si possa permettere a chiunque di fare del male ad altri impunemente solo perché affezionato a una cultura nella quale la donna non conta nulla e l’uomo può su di lei tutto, anche porre fine alla sua vita. Solo per una questione di obbedienza culturale. Ciò in Italia non può accadere”.

Le reazioni politiche: “Formazione per i magistrati”

Comprensibilmente, la richiesta di assoluzione da parte del pm di Brescia ha suscitato molte reazioni anche politiche. “Se non vogliamo tornare al delitto d’onore sarà bene che i magistrati impegnati nel contrasto alla violenza sulle donne facciano stage obbligatori nei centri antiviolenza. Chiederò alla commissione parlamentare sul femminicidio di valutare una proposta in tal senso”, ha dichiarato la capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera Luana Zanella. “Sono sconcertata. La violenza sulle donne non può in nessun caso essere culturalmente accettata, a prescindere dalla nazionalità, né la nostra giustizia può lasciarla impunita quando si verifica sul territorio nazionale italiano”, ha commentato Stefania Ascari, deputata del Movimento 5 Stelle e membro della Commissione Femminicidio, chiedendo “formazione obbligatoria per tutti i magistrati, le forze dell’ordine e gli operatori che si occupano di violenza di genere”. La vice presidente dell’Eurocamera Pina Picierno ha parlato di “incapacità dolosa degli organi dello Stato di arginare le violenze sulle donne e la violenza domestica”. “Da noi una donna non può avere meno diritti e tutele se nasce in una famiglia portatrice di una diversa cultura: l’appartenenza non può essere una condanna esistenziale. La libertà femminile va difesa nei fatti, sempre”, ha scritto in un post su Facebook la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella. Intanto, oggi il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani ha detto di auspicare la convergenza delle opposizioni “a partire da domani quando chiederemo l’accelerazione dell’approvazione del disegno di legge sulla violenza sulle donne”. Ciriani ha detto al Tg1 di aver “già scritto al presidente della Camera per chiedere l’urgenza sul provvedimento”.

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