Quando il bene si fa online: il volontariato corre sul web

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online volontariato

Penalizzato dalle limitazioni ai contatti umani nei mesi più difficili dell’emergenza coronavirus, il terzo settore non si è fermato, anzi. Tante associazioni, che già lavoravano online, hanno continuato a fare del bene sfruttando gli strumenti messi a disposizione dalla tecnologia, altre hanno reinventato le loro attività per poterle svolgere a distanza. I risultati sono stati spesso soddisfacenti. upday ha parlato con alcune organizzazioni per capire come è possibile aiutare chi ne ha bisogno anche da casa.

Donare a un anziano solo: i Nipoti di Babbo Natale

Durante il lockdown sono aumentati, per esempio, i nipoti di Babbo Natale: persone che ogni anno, sotto Natale, spediscono doni ad anziani soli nelle Rsa. Un’idea nata in Repubblica Ceca e che la onlus di Guanzate (CO) Un Sorriso in Più ha accolto con entusiasmo. Agli anziani viene chiesto di esprimere un desiderio, indicando un oggetto che vorrebbero ricevere e che un volontario potrà poi acquistare e spedire. “Può sembrare una cosa banale, ma per un anziano ospite di una casa di riposo, in una fase della vita in cui sono principalmente altri a decidere per lui, riscoprire una dimensione di ascolto di sé e di legittimazione di un desiderio, è qualcosa che può portare nuova linfa e nuova vita” spiega ad upday Laura Bricola, coordinatrice dell’associazione.

I nipoti selezionano sul sito il regalo che vogliono fare e lo acquistano mettendosi d’accordo con la struttura in cui si trova l’anziano. Prima della pandemia venivano organizzati anche incontri tra il ‘nipote’ e l’anziano destinatario del dono. Con la chiusura al pubblico delle Rsa, gli incontri sono stati sostituiti da videochiamate. Durante l’edizione del 2020, sono stati realizzati 5.893 desideri in 228 case di riposo aderenti in tutta ItaliaComplice una campagna di comunicazione efficace, “il volume del progetto è raddoppiato rispetto all’anno precedente“, racconta Bricola. “Sono aumentate le case di riposo aderenti, ma anche i ‘nipoti'”.

Tra le case di riposo aderenti al progetto c’è quella di Melzo, la RSA Giovanni Paolo II. “È stato un vero toccasana per gli ospiti perché la pandemia ha abolito qualsiasi contatto esterno e gli anziani, soprattutto quelli già soli, non hanno potuto vedere nemmeno i volontari”, racconta la psicologa e referente interna del progetto Chiara Cavaliere e prosegue: “Tanti anziani si sono commossi. Sapere che qualcuno ha pensato a loro li fa sentire più importanti e meno soli“.

Molti ospiti hanno continuato a mantenere i contatti con i propri ‘nipoti’. Margherita, ad esempio, ha voluto inviare un biglietto di auguri per il matrimonio della sua nipote acquisita. Per quest’anno la speranza è di poter consentire gli incontri in presenza fra gli ospiti e i rispettivi ‘nipoti’.

L’app Be my Eyes e i servizi online per i non vedenti

Be my Eyes è un’applicazione creata nel 2015 da Hans Jorgen Wiberg, un ragazzo ipovedente. L’applicazione è formata da una comunità globale di non vedenti o ipovedenti e da volontari normovedenti. L’app è presente in 150 Paesi in 180 lingue diverse. Al momento conta circa 340mila non vedenti iscritti e oltre 5 milioni di volontari.

Attraverso una videochiamata i volontari forniscono agli utenti non vedenti e ipovedenti assistenza visiva per compiti che vanno dall’abbinamento dei colori, al controllo di eventuali luci accese fino alla preparazione della cena. “La pandemia mi ha fatto venire voglia di fare volontariato“, spiega ad upday Serena, una volontaria italiana di Be My Eyes. “Ho ricevuto la prima chiamata durante la prima settimana dalla mia iscrizione. Un signore mi chiedeva di aiutarlo ad aprire delle cartelle con dei documenti sul suo computer“, racconta.

“A volte un familiare può trovarsi fuori casa e la persona che necessita di un aiuto sa che può ricorrere a un metodo alternativo, sentendosi così anche più indipendente”, spiega ad upday Mario Barbuto, presidente dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti (U.I.C.I) che racconta come il periodo vissuto durante la pandemia sia stato particolarmente complicato per la sua associazione: “Nei primi quarantacinque giorni di lockdown i treni avevano sospeso i servizi di assistenza e accompagnamento in stazione e viaggiare è risultato impossibile. Anche lavorare è stato pressoché impossibile perché mancavano gli accompagnatori”.

L’Unione italiana ciechi ha disposto per i propri associati alcuni servizi online di aiuto che si sono resi quasi indispensabili, come il sostegno per gli studenti non vedenti, che hanno riscontrato grandi difficoltà nella didattica a distanza e un servizio psicologico online e telefonico.

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