Simona Paolucci: intervista esclusiva al Maestro Belfiore – Sono emozionata ad avere il privilegio di intervistare una eccellenza italiana, che da 50 anni allieta le case degli italiani e del mondo con le sue parole in musica e le sue produzioni: Gianni Belfiore. L’emozione è tanta, pur avendoci parlato diverse volte perché ogni volta quest’uomo così garbato, riservato e per nulla affetto da bramosia di visibilità, è in grado con una naturalezza spiazzante di prenderti per mano e condurti tra le mille meraviglie della musica, sparpagliando incanto, sapienza, illuminazione.
Maestro Belfiore benvenuto, ci siamo dati appuntamento questo pomeriggio per omaggiare tutte le persone che la seguono da tempo e nel tempo. Come nasce la carriera strabiliante di Gianni Belfiore?
Nasce in modo goliardico, tra i banchi di scuola.
Il primo ricordo che mi viene in mente è la condivisione con un mio compagno di classe, ci divertivamo a cambiare le parole delle canzoni.
Successivamente con il passare degli anni rimanevo colpito dalle canzoni ascoltate in radio e avevo la percezione di come si sarebbero potute migliorare. Era difficile da spiegare a 16 anni, mi sentivo rapito dalla musica, volevo cominciare a scrivere ma non riuscivo, a scuola avevo il problema di non riuscire a svolgere temi nella modalità canonica, perché sintetizzavo troppo. La prima canzone semi professionale è nata sulle navi ( il Maestro è stato Ufficiale di Rotta, Commissario di Bordo e Responsabile dell’Intrattenimento per la Società di Navigazione Italia, svolgendo suddette attività nei famosi transatlantici Michelangelo, Raffaello, Leonardo Da Vinci, Cristoforo Colombo, Augustus, Verdi, Rossini, Donizetti) .
La prima nave in cui prestai servizio fu la Victoria, ero sempre a caccia di persone impiegate nel settore musicale, nell’orario dei pasti mangiavo con gli orchestrali.
La mia fortuna è stato proprio l’incontro con l’autore di “Love Letters in the Sand”, l’autore del brano natalizio al secondo posto come più importante nel mondo “ Santa Claus is coming to town”, per citare qualche esempio della sua carriera: il compositore J.Fred Coots, che scrisse anche per Frank Sinatra il magnifico “ You go to my head “.
L’altro incontro importante che ho avuto in America è stato con Will Holt, che mi ha insegnato molte cose, le regole dello scrivere ad esempio e che è stato l’autore di “ Lemon
Tree”, della canzone in America, di grandissimo successo.
Come è avvenuto l’incontro con la prima cantante per cui ha scritto, la grandissima Rosa Balistreri?
Con Rosa Balistreri è stato un incontro voluto da me, perché ero a Genova, presi il giornale di Genova “ Il Secolo” e c’era la foto di Rosa Balistreri che avrebbe cantato al Club
Instabile, dove ha iniziato la sua carriera anche Beppe Grillo. La foto mi luccicò, telefonai ad un mio amico che andava sempre al club, che invitava sempre gli artisti dello
stesso club a mangiare a casa sua, dopo lo spettacolo; così dissi al mio amico Tonino: “ Andiamo al Club Instabile c’è Rosa Balistreri, gli dici che c’è un ragazzo che scrive
canzoni”. Per farla breve ascoltai la storia della sua vita, che raccontò sul palco, finito lo spettacolo mi disse: “Sono stanca, vieni domani in albergo, parliamo domani”. Io l’indomani mattina andai e lei alla mia richiesta mi rispose: “Mi dispiace scrivi in italiano, io canto solo in siciliano”; feci tesoro di quello che lei aveva raccontato della sua vita e siccome mia madre mi parlava sempre in siciliano e voleva che io rispondessi in italiano, automaticamente imparai il siciliano anche perché passavo tutte le estati, dall’età di quattro anni all’età di
quattordici, in Sicilia. Ho accoppiato il suo racconto con un venditore ambulante di Giarre, poi dal venditore ambulante sono arrivato a collaborare con Julio Iglesias.
Trovo molto bello e costruttivo che sia stato un uomo a dar voce ad una donna che ha avuto una vita piuttosto forte ed intensa. La voce di Rosa Balistreri, inconfondibile e quindi non riproducibile, era in grado di impressionare e di trasferire il suo vissuto, rapendo l’ascoltatore.
Quanto è stato difficile immedesimarsi nella mentalità e nella sensibilità femminile? Le chiedo questo perché lei è anche molto conosciuto, tra le sue innumerevoli collaborazioni musicali, per la collaborazione che ha avuto con un’altra eccellenza, Raffaella Carrà. (Il Maestro ha scritto 23 canzoni per Raffaella Carrà, uno dei quali ha consacrato l’artista a livello mondiale, con il capolavoro “ Io non vivo senza te”)
Mah, “ Io non vivo senza te” è stato un lavoro che non avrei mai potuto immaginare di riuscire a fare, assolutamente; il segreto di tutto quanto, dei traguardi difficili sono gli ostacoli
sempre più alti e ad un certo punto forse subentra un Dio che ti aiuta e la volontà e l’impegno ti viene riconosciuto. Non lo so davvero, è una magia, perché quando mi è venuta la prima frase della canzone non so neanche io come è venuta. La prima frase ti viene per magia, poi è chiaro che quando ti viene la prima frase continui, man mano mi venivano facilmente le altre frasi. Posso dire che l’ispirazione era leggermente più avanti del pensiero, quando ho scritto “ Riscoprire io e te, la ragione di essere, cosa grande cosa che” ho avuto la percezione e la sicurezza che la canzone sarei riuscito a realizzarla, è come entrare in trance. E’ un aspetto magico dello scrivere, poi c’è stato tutto l’insieme, la musica e l’arrangiamento giusto, l’interpretazione perfetta di Raffaella Carrà, perché effettivamente il successo nasce da una catena, se durante il tragitto della catena uno sbaglia, butta alle ortiche la canzone. Deve funzionare tutta la sequenza in maniera perfetta.
Per tornare al discorso del venditore ambulante di Giarre, che l’ha portata poi a collaborare con Julio Iglesias, ce lo racconta meglio?
Mi ha portato a collaborare con Julio Iglesias grazie al segreto del sonetto in musica della canzone siciliana.
Domenica ad esempio c’era in televisione il figlio di Domenico Modugno, lui probabilmente non sa che “ Volare” è un sonetto in musica, costituito da una metrica di due
strofe, il ritornello con due rime baciate, che contraddistingue le canzoni italiane che hanno fatto successo all’estero.
Il concetto risale a Jacopo Talentini che era della scuola dei poeti della corte di Federico II; la canzone è un messaggio pubblicitario, si sente parlare di poesia, ma la canzone deve
avere una frase poetica nel suo contenuto, il resto deve essere canzone, non può essere poesia. Infatti le canzoni che sono poesie non hanno fatto successo all’estero,
perché la grande incoronazione del successo è la canzone che va negli Stati Uniti, come i film che vengono premiati con l’Oscar.
Abbiamo parlato più volte, in maniera approfondita di tanti argomenti diversi, legati alla musica. Secondo lei la carriera unica di Raffaella Carrà non è stata sufficientemente capita nel momento in cui lei era in vita per quale motivo?
Non me lo riesco a spiegare, perché era leggermente sottovalutata. Probabilmente era sottovalutata perché era avanti nei tempi.
Quindi non poteva essere compresa fino in fondo per questo?
Probabilmente perché cantare ballando o ballare cantando è diventata un’esigenza di questi giorni. Oggi devi assolutamente cantare e ballare, è diventata una cosa normale. Stare davanti al microfono immobile lo puoi fare con una canzone o due. Ieri sera mi è capitato di vedere in televisione una performance di Elettra Lamborghini, il balletto è stato
eseguito perfettamente a Domenica In. Un tempo non si richiedeva questo. Ci sono artiste che a parità di età anagrafica, alla fine sono vecchie, vecchie intese nell’approccio, nella gestualità e comunicazione corporea. Ad un certo punto della carriera di entrambe, circolava voce nei corridoi che Raffaella Carrà avesse superato Mina. In effetti Mina non ha avuto una canzone internazionale, purtroppo, probabilmente perché è stata per anni legata alle sigle televisive, che non vengono scritte generalmente da parolieri puri, ma da autori televisivi; quindi le canzoni avevano differente tipo di traguardo da raggiungere, dovevano sponsorizzare la trasmissione televisiva che tu facevi. Ad esempio Fatalità (ndr che ha scritto lui), era la sigla di “Pronto Raffaella “, infatti non è diventata una canzone internazionale, è stata succube della trasmissione televisiva, tra virgolette.
Purtroppo Mina non ha avuto canzoni come Barbra Streisand “Woman in love”, per citarne una ed è un peccato non abbia avuto canzoni internazionali. Raffaella Carrà è stata nella sua carriera artistica unica, anche se non è stata stellare, come avrebbe potuto essere, ma ha raggiunto Spagna, Sud America e le grandi folle e non ce l’ha fatta, a parte lei, nessuna cantante italiana. Mi viene anche da pensare che Raffaella Carrà abbia vissuto molto questo peso e questo carico di responsabilità, essendo stata una pioniera a livello internazionale; immagino il livello di stress che può aver vissuto, oltre a quello di felicità, perché ritrovarsi di fronte ad una folla immensa che ti osanna come
personaggio iconico capita a pochissime persone. Questo aspetto non compare molto, io conosco diversi aspetti suoi molto privati, che custodisco per signorilità e per rispetto di Raffaella, ma lei ha sacrificato il privato completamente, lei ha capito che non si può avere tutto contemporaneamente. Per una donna è molto difficile, lei ha avuto la forza di rinunciare a tanto.
Continuando a seguire il filo della sua carriera, perché ha deciso di affidare le sue canzoni a Julio Iglesias? Perché proprio a lui?
E’ stato un po’ il caso, l’intuizione, un po’ di fortuna, un insieme di cose. Quello che è avvenuto è dovuto al fatto che di solito le navi facevano o le rotte del Nord America o
quelle in Sud America, nel Cile, che erano meno impegnativa. Su Michelangelo e Raffaello, le ammiraglie della Società Italia, arrivavi a New York, rappresentavi l’Italia a New York, ed è successo che per questioni di donne, mi hanno mandato per castigo sulle navi del Sud America. Quel periodo c’era Iglesias che spadroneggiava, era al massimo. Io ho avuto sempre questa fissazione per la musica, ogni volta che arrivavo sulla nave cercavo qualcosa che mi riportasse alla musica. Per quindici anni sono andato a Milano, a presentare i miei lavori, con le porte sbattute in faccia. Sentendo Iglesias ho approfondito la sua conoscenza ascoltando i suoi dischi ed ho intuito che c’erano delle frasi in cui usciva fuori una voce particolare, non in tutta la canzone; così ho comprato i suoi dischi e ho cominciato a sua insaputa a scrivere in italiano le canzoni spagnole, non traducendo, perché allora il concetto di amore nella Spagna franchista, era indietro rispetto a noi anni luce, per cui le ho adeguate e ho scritto sempre nella maggiorparte dei casi, una storia nuova su una melodia già fatta. Non mi interessava ciò che diceva in spagnolo, avevo di vantaggio che l’arrangiamento era già fatto, dovevo incastonare le parole su una musica già fatta. Lo svantaggio invece era il comprendere che lo spagnolo certe parole non le può cantare e quindi avevo un vocabolario ridotto.
Domanda spinosa. Per quella che è stata la sua esperienza e il suo vissuto in ambito musicale, in maniera così approfondita ed intensa, il fatto che lei abbia un trascorso, diciamo una radice sulle navi, stesso discorso per quel che riguarda Julio Iglesias, che precedentemente era impegnato in altra attività, ha costituito una pietra d’inciampo rispetto al mainstream?
Non so come si sia innescata quella diceria, non riesco a capirlo, forse hanno inconsciamente fiutato la pericolosità di un successo alle porte. Per me lavorare sulle navi è stato un grande vantaggio rispetto a tutti gli altri parolieri, perché ho esperienza delle confessioni delle donne sulle navi quindi avevo delle marce in più rispetto agli altri, ovvero
conoscendo molto di più l’animo femminile rispetto a tutti gli altri parolieri; lavorare sulle navi è una esperienza unica.
Nel caso di Julio Iglesias si è verificato inspiegabilmente questo strana circostanza, le ragazze che andavano a comprare il disco di Iglesias quasi si vergognavano. Il negoziante le guardava male e loro dicevano: “ E’ per mia madre”. Si era sparsa anche la voce che fosse il cantante delle serve. Non lo so per quale motivo.
Forse perché quando si riscuote un successo significativo si può risultare scomodi?
Cercavano di denigrare, la carriera di Julio Iglesias è stato un fulmine a ciel sereno, non se l’aspettava nessuno una cosa del genere, in un momento storico così difficile, che io
se ci ripenso mi domando come siamo riusciti. Con l’esperienza che ho oggi probabilmente io non l’avrei fatta quella operazione, perché c’erano le brigate rosse, c’era
una Italia in subbuglio, c’erano gli scioperi, c’era il rock che imperava. Noi eravamo praticamente fuori contesto, nascevamo già vecchi allora. Eppure siamo riusciti a darci
da fare contro tutte queste situazioni.
Il coraggio premia quindi?
Probabile più l’inconsapevolezza, non lo so dire con certezza. Non era un momento facile. Ci siamo classificati primi, nel ’78 e nel ’79. “Se tornassi” per esempio, ventisei settimane in classifica. Le canzoni funzionavano anche in Europa, Australia. Anche il Maestro Ennio Morricone l’ha elogiata nel corso della sua carriera Lui capì che l’esperienze maturata sulle navi ha costituito l’aspetto vincente, avendo lui stesso una vasta esperienza all’estero e la necessità di realizzare la colonna sonora per un film internazionale.
Quale è stato il più bel complimento che ha ricevuto, che le è rimasto impresso nel corso della sua lunghissima e sempre verde carriera?
O il più bel riconoscimento. Forse il più bello me l’ha fatto Pupi Avati affermando: “ E’ l’unico autore italiano che sa scrivere su qualsiasi argomento”. Lei è una persona molto fuori dalle righe e poco omologata, in una società in cui essere onnipresente sembra premiare, eppure la sua carriera, vissuta con grande signorilità e riservatezza, continua ad andare a
gonfie vele.
Quale è il suo segreto?
Non è un segreto ma una condotta di vita, di non fare mai fuochi d’artificio. I fuochi d’artificio nella loro manifestazione finale hanno quella scarica incredibile, quella scarica si
chiama “cassa infernale”. Io non ho mai fatto la cassa infernale, quindi i fuochi erano meno appariscenti però han continuato. Non ho mai avuto dei Top, dei vertici artistici, per cui poi dover scendere, sono riuscito a tenermi su un equilibrio, infatti una mia carissima amica, che era Babette Callarà, cara amica anche di Sergio Leone e di Ugo Tognazzi, una volta mi disse: “ Più cercano di mandarti a fondo ed invece tu resti sempre a galla”, in effetti è accaduto proprio questo.
E’ vero che lei è stato contattato, in modo tra l’altro molto amichevole, dai vertici della direzione della Twenty Century Fox ultimamente?
Sì, il Direttore mi ha mandato una email scrivendomi “ Hi Gianni”, facendomi presente che era stata selezionata una mia canzone “ Domani” per il film di Raffaella Carrà, per la
Walt Disney. A livello internazionale conoscono benissimo quanto pesi.
L’ultima domanda, ringraziandola per la disponibilità a concederci questa intervista. Lascio uno spazio libero da riempire con le parole che lei ritiene più opportune e rappresentative come parabola della sua meravigliosa carriera.
Io sono stato molto fortunato perché ho potuto percorrere le tre fasi della mia vita, rimanendo sempre con addosso uno stato di felicità. Devi inseguire la felicità nel fare le cose e
non inseguire mai i soldi, altrimenti ti freghi sempre, come si sono fregati in molti. Se in quel momento, aldilà del risultato, quello che stai facendo ti rende felice, questo è il segreto
per avere successo, è fondamentale.