Giornata Mondiale per le Donne e le Ragazze nella Scienza: oggi, venerdì 11 febbraio, si celebra questa ricorrenza istituita dall’Onu. Il bilancio non è buono. Il “Sole 24 Ore” fa sapere che, benché le donne in Europa siano più istruite degli uomini (in Italia, secondo dati Eurostat del 2020, il 35% delle giovani tra 25 e i 34 anni è laureato contro il 22,9% dei maschi), c’è ancora molto da fare; sia contro stereotipi maschilisti che per l’accesso delle donne alle cosiddette “discipline Stem” (Science, technology, engineering and mathematics). Non solo nel Vecchio Continente, ma nel mondo intero.
I dati parlano da soli: secondo l’ Istat “solo il 16,5% delle donne laureate tra i 25 e 34 anni in Italia ha una laurea Stem. Una su 6. La corrispondente percentuale maschile è il 37 per cento. Solo il 28% delle donne nel mondo ha una carriera in ambito scientifico e difficilmente le donne ricoprono posizioni apicali in centri di ricerca e accademia.” Lo ripota il noto quotidiano di genere economico, politico e finanziario.
Naturalmente l’emergenza COVID – 19 ha aggravato la situazione, costringendo le scienziate a lavorare da casa. Se poi ci sono bambini, possiamo immaginarci.
Inoltre permangono stereotipi difficili da scalfire: persino tra i giovani stessi, oltre che tra genitori e insegnanti. Ecco che, il fatto di considerare le ragazze “meno o non brave” nelle discipline scientifiche (e più in quelle umanistiche), può giocare nella scelta del loro indirizzo di studio. Non solo: anche nella modalità di affrontare i test matematici, perché le donne risultano cercare meno la competizione e a farsi condizionare troppo dal tempo di esecuzione.
Stereotipi che si perpetuano, causano la scarsità di modelli di riferimento che incoraggiano le ragazze ad intraprendere o a continuare gli studi scientifici. Il fenomeno è definito con due parole inglesi: “leaky pipeline”, traducibili con “tubo che perde”. Succede così che il mondo scientifico è dominato dagli uomini; c’è poca disponibilità al cambiamento.
Fornendo un nuovo dato per quanto riguarda il lavoro in generale, la percentuale di donne che hanno un impiego, è del 49%. Soltanto la Grecia è messa peggio. Naturalmente poi torna in gioco la pandemia. E’ chiaro che la situazione più critica è per il campo scientifico, che si vede come più redditizio e con più prospettive future. Urge lavorare maggiormente sulla parità di genere.