Il velo dell’ipocrisia sulla dignità umana

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algeria

Una diciottenne stuprata a Milano. Lo stupratore, egiziano, dopo la violenza si siede tranquillo al parco come se l’abominio appena compiuto fosse normalità. Una ragazzina marocchina insultata da tre coetanee a Reggio Emilia perché non porta il velo e dunque considerata impura.

Nessuno alza barricate. Un’altra giovane marocchina aggredita a Vicenza perché fidanzata con un ragazzo italiano. Lui pestato a sangue. Tutto in un solo wee-kend. Un tranquillo weekend di paura passato clamorosamente sotto silenzio. Stavolta non sono io a rispondere alle domande dell’attualità, ma voglio porgere a voi, cari lettori, qualche domanda sul Nostro Paese. E badate bene che non risponderete a me, bensì alla vostra coscienza. Ce la fate ancora a vivere in una società nella quale la regola è l’impunità? Io francamente no, sono stanca, disgustata, indignata come non mai. Sono una donna che vuole vivere, non sopravvivere e da anni lotto per questo ma mi accorgo che al peggio non c’è mai fine. Che il valore della vita umana si pesa un tanto al chilo, che la dignità e l’esistenza stessa di una giovane donna violata non hanno lo stesso valore di un’auto danneggiata. Che il sistema democratico stesso dei premi e delle punizioni in questa nostra società non esiste più, che l’interpretazione delle norme è la norma stessa. Che il dolore di una ragazzina umiliata e picchiata perché vuole vivere liberamente è sempre meno importante delle denunce sguaiate e pretestuose di qualche lobby sociale o politica.

Non siete stanchi di vedere il Nostro Paese maltrattato al suo stesso interno, dopo che qualcuno, all’esterno si prende due nostri soldati e li tiene prigionieri da due anni senza un motivo? Io ne ho abbastanza delle lacrime facili che nascondono un perdono peloso, che serve solo al consenso e mai alla crescita sociale. Ne ho abbastanza delle risatine di chi delinque sapendo di farlo, prendendosi la vita di una giovane e facendone sfregio a suo piacimento, perfettamente cosciente che il massimo della pena sarà una breve condanna ai domiciliari. Vi siete mai chiesti perché si fanno mille leggi ma non si toccano mai i codici, penale e civile? Perché l’impunità fa comodo a tutti quelli che pensano: “E se un giorno toccasse a me, vorrei una scappatoia”. Io invece vorrei una legislazione che non ammette scuse o pentimenti di fronte ad uno stupro o ad una violenza, che giudica senza fare sconti a chi non merita. Vorrei una legislazione che non ammette attenuanti multiculturali ma guarda in faccia le vittime e le risarcisce, per quel che si può, con una pena esemplare.

Vorrei dire ai figli di queste generazioni, oggi neonati o bambini, che se qualcuno sbaglierà contro di loro verrà punito e non potrà mai più toccarli. Non siete stanchi di chi utilizza il Vostro dolore? Mi piacerebbe, ve lo confesso, vedere le alte cariche di questa Nostra Repubblica alzare la voce seriamente e proporre punizioni esemplari per chi osa violare la dignità umana, sia esso italiano o straniero senza distinzione. Mi piacerebbe non sentire più il “pugno di ferro” ma leggere una norma in cui se sbagli paghi. E in cui venga valutata la buona condotta fuori dal carcere e non dentro, perché ormai non serve più.

In questi tre giorni la vita umana è stata violata senza pietà, con una semplicità che ogni volta ci ricorda quanto la nostra esistenza si stia abituando alla violenza e alla morte piuttosto che alla vita e al senso del bello. Eppure è passato tutto sotto traccia, tutto sotto embargo perché quando vittima e imputato sono rovesciati, per qualcuno, la notizia non c’è. Io, lo avrete capito, vorrei un Paese diverso e da sempre lotto affinché questo cambiamento avvenga; navigo controvento e lo so, ma non per questo mi arrendo nonostante le braccia mi facciano male.

Ora sta a voi rispondere alla vostra coscienza sulla domanda più difficile: è questa l’Italia che volete? Siete disposti a lottare per cambiarla? Oppure siete troppo assuefatti dalle esalazioni velenose che qualcuno ha sparso nell’aria per spezzare la nostra volontà?

Di Souad Sbai per L’Opinione delle Libertà

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