Australia, i migranti italiani trattati come schiavi

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Giovani italiani che lavorano in stato di schiavitù in Australia, per poco meno di quattro dollari l’ora. Nei campi, nelle fattorie, nelle aziende agricole. Il reportage della ABC australiana ha messo in luce la condizione di “altri” migranti che non sono degni di attenzione da parte del governo italiano, solo perché italiani.

Strani paradossi vive questo nostro Paese, dove i giovani che fuggono via in cerca di nuove prospettive sono visti quasi come una liberazione da parte di chi non farà mai nulla per aiutarli, posti che si liberano e già pronti per essere assegnati a qualcun altro. C’è un silenzio di tomba verso la triste e crudele condizione di questi giovani italiani, che spesso e volentieri non vanno all’estero per fare i grandi manager o gli uomini d’affari, ma solo per lavorare e si trovano ancora più spesso di fronte a situazioni di sfruttamento ignobili: insultati in patria perché non vorrebbero fare lavori pesanti vanno all’estero a fare i lavapiatti a poche sterline l’ora, a badare agli animali nelle fattorie per ancora meno, a fare i braccianti agricoli con paghe da fame. E moltissimi di loro, la stragrande maggioranza, non denuncia gli abusi e lo sfruttamento perché teme di perdere il permesso di soggiorno.

In Paesi dove un permesso di soggiorno è una cosa seria e non un pezzo di carta che permette di violare sistematicamente le leggi e da un giorno all’altro sparire nel nulla. Dall’Inghilterra, passando per gli Stati Uniti, l’Australia e mille altri luoghi i giovani italiani vanno a faticare come i loro nonni e bisnonni prima di loro, sperando che da quella sofferenza emerga una concreta possibilità di cambiare vita. Pagano un prezzo altissimo per tentare di farcela da soli, di non dover dire grazie a nessuno. E allora vanno via a fare gli schiavi lontani da casa, perché questo è un Paese dove si è sempre troppo giovani per avere posizioni di responsabilità e troppo vecchi per iniziare una nuova attività.

Ovviamente se non si è figli o amici intimi della persona giusta. Migranti di serie B, dimenticati da una patria che nella sua Costituzione dichiara di volerli e doverli difendere, offesi due volte da chi chiede accoglienza indiscriminata per altri e non spende due parole per loro, per la loro condizione di profughi senza nome, senza volto. Solo in Australia, racconta il reportage, sono undicimila gli italiani che vivono in queste condizioni ed è un numero che non potrà non aumentare nel tempo, visto che l’Italia implicitamente li espelle non dando loro alcuna possibilità di futuro, chiudendo ogni spiraglio di prospettiva lagnando sempre la scusa che non ci sono soldi. Solo nello scorso anno se ne sono andati dall’Italia quasi centomila ragazzi. Laureati, professionisti, lavoratori che perdono tutto per trovare qualcosa.

Ricordo ancora la lettera aperta dell’allora direttore generale della LUISS, Pier Luigi Celli “Figlio mio, lascia questo Paese”: era il 2009 e in quella lettera si certificava il fallimento delle politiche per i giovani. E in moltissimi hanno seguito quell’esempio, trovando spesso situazioni ancor peggiori di quelle che lasciano. Sono le vittime dei ladri di futuro, del morboso quanto efficace progetto di annientamento delle giovani generazioni europee, massacrate dalla crisi e dal falso buonismo che a loro preferisce sempre qualcun altro. Schiavi del silenzio delle elite governanti, capaci solo di chinarsi prone all’Europa dei diktat e dell’austerità, che nemmeno tanto velatamente lavora per distruggere ogni brandello di sovranità e di autonomia, e con esse ogni possibilità di rinascita.

Di Souad Sbai per L’Opinione delle Libertà

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