Plaudo alla scelta del Re del Marocco Mohammed VI di aver ufficialmente approvato l’introduzione della storia dell’Olocausto all’interno dei programmi scolastici del Paese. Un argomento che ancora divide tutto il mondo arabo spesso incline a negare addirittura la veridicità di quanto accadde al popolo ebraico per mano dei nazisti e dei loro sodali. Il Gran Mufti di Gerusalemme Amin al-Husseini, ad esempio, una delle più alte autorità dell’Islam sunnita, fu alleato e amico di Hitler e lo incoraggiò a perseguire sino in fondo il programma di sterminio degli ebrei. Dagli anni della seconda guerra mondiale ad ora non è cambiato di molto l’atteggiamento di una parte del mondo arabo nei confronti dell’Olocausto: si pensi al negazionismo indottrinato dal movimento terrorista Hamas – costola della Fratellanza Musulmana – nelle scuole di Gaza, o alle manifestazioni di respiro internazionale create dall’Iran di Ahmadinejad e Khamenei dove s’invitavano i più “illustri” negazionisti da tutto il mondo o si finanziavano fumettisti per raccontare che l’Olocausto è solamente un’invenzione degli ebrei e che le camere a gas – ricordo le varie dichiarazioni di Ahmadinejad – non sono mai esistite.
Questi sono solamente alcuni esempi che aiutano a comprendere e contestualizzare la coraggiosa scelta del Regno del Marocco d’introdurre la storia dell’Olocausto all’interno dei programmi scolastici del Paese. Una scelta precedentemente anticipata durante la 73esima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, tenutasi a New York lo scorso 18 settembre, dove a margine di una tavola rotonda avente come tema “Il potere dell’educazione per prevenire il razzismo e la discriminazione: il caso dell’antisemitismo” è stata consegnata a tutti i partecipanti una nota ufficiale del monarca, letta per l’occasione dal primo ministro marocchino Saadeddine Othmani.
Nel messaggio, che rendeva inoltre omaggio all’Unesco e alla sua direttrice Audrey Azoulay, figlia dell’attuale consigliere del Re André Azoulay – entrambi di famiglia ebreo-marocchina – viene infatti affermato: “L’antisemitismo è l’opposto della libertà di espressione. Esso manifesta la negazione del prossimo ed è la dimostrazione del fallimento, dell’insufficienza e dell’incapacità a convivere assieme. È il ritorno anacronistico a un passato mitizzato, è questo il passato che vogliamo lasciare in eredità alle generazioni future? Nonostante ciò, la battaglia contro l’antisemitismo non può essere un qualcosa di improvvisato, poiché non è una battaglia militare o economica ma innanzitutto pedagogica e culturale e l’arma con cui deve essere combattuta ha un nome preciso: educazione. È nell’interesse dei nostri figli, perché in futuro saranno loro i beneficiari e i nostri ambasciatori”.
Parole importanti che ho subito condiviso quando le ho lette quotidiano marocchino Le Desk, anche perché, nel mio Marocco, sono stata sempre educata alla convivenza tra le varie religioni, ricordo ancora gli scambi di cibo che venivano fatti tra la mia famiglia e quelle di famigli di religione ebraica, spesso in occasione dello Shabbat o della preghiera del Venerdì. Condivido anche le parole del vice ministro dell’Ufficio del primo ministro d’Israele – ed ex ambasciatore presso gli Stati Uniti – Michael Oren che ha espresso la sua personale soddisfazione in un tweet pubblicato questa mattina, dove leggiamo: “Il Re del Marocco Mohammed VI ha inviato al mondo un profondo messaggio morale. Mentre in occidente l’antisemitismo e il negazionismo dell’Olocausto sono in crescita, il leader di un’orgogliosa nazione araba ha deciso di introdurre l’educazione all’Olocausto all’interno delle scuole marocchine con l’obiettivo di combattere l’antisemitismo. Questo è un messaggio di speranza”.
Il Marocco continua a distinguersi da altri Paesi a maggioranza musulmana e questo grazie alla modernità e alla lungimiranza di Mohammed VI.
Di Souad Sbai per L’Opinione delle Libertà