Legge di Dio, legge degli uomini

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La differenza tra i testi sacri delle tre religioni monoteiste è il fatto che per l’ebraismo e il cristianesimo le disposizioni nei comportamenti quotidiani sono raccomandazioni, al limite esortazioni morali, mentre per l’Islam sono prescrizioni di legge, norme giuridiche, regole legali. La Bibbia e la Torah sono narrazioni divine diventate insegnamenti di vita e, al limite, suggerimenti educativi; il Corano è assolutista: il sistema politico è inseparabile da quello religioso, quindi la società civile è di per sé soggetta al dettato teocratico.

Ha ragione Souad Sbai sul fatto che il Corano può avere una interpretazione “soft”, come avviene in Marocco e in Tunisia, ma è il contesto che determina la sua applicazione. In fondo, lo abbiamo già detto, possiamo dire che sia in corso una guerra civile all’interno dell’Islam, tra la parte musulmana emancipata e quella fondamentalista. Stati laici applicano il pugno di ferro contro gli estremisti, e spesso pagano con il sangue la loro visione evoluta della vita personale e collettiva.

Basti pensare a cosa significa blasfemia e apostasia nei regimi che applicano la Sharia: non è la scomunica, non è la riprovazione, è la condanna a morte. Semplice, perché il Corano non può essere interpretato, ma applicato alla lettera.

La donna, poi, è considerata in maniera raccapricciante. Precisa il poeta siro-libanese Adonis: “L’Islam ha ucciso la donna. [Essa] è simbolo del peccato, un oggetto per l’uomo. […] Oggi, nel XXI secolo, ci sono donne in gabbia destinate ad essere vendute. Lo Stato Islamico stabilisce il prezzo, e le più giovani, le ragazzine, sono le più care. […] Oggi l’Isis, in Iraq e in Siria, organizza concorsi per selezionare il migliore lettore del Corano e al vincitore assegna una schiava”.

Se si dovessero – sbagliando – usare i parametri della psicopatologia, si potrebbe interpretare la visione del mondo e lo stile di vita islamista secondo la griglia delirante del paranoico: convinzione inamovibile nelle proprie interpretazioni, certezze inattaccabili dalla logica argomentativa, presunzione resistente a qualunque contraddittorio, totale inibizione del minimo esame di realtà. Un cortocircuito con la messa fuori gioco dei fattori razionali e prevalenza invasiva di quelli affettivi-ideologici.

Il problema, però, che il fondamentalismo non è una malattia, ma una ideologia infiltrante che pretende di conquistare il mondo e congiungere nella Umma gli aderenti alle parole del Profeta. Pensare di mediare con il fondamentalismo islamico è come credere di poter portare un delirante a riconoscere le proprie deviazioni del pensiero e ricondurlo ad una interpretazione condivisa. In più, con la taqiyya, come giustamente ha avvertito Souad Sbai, si rischia concretamente di cadere nella trappola della dissimulazione e fare il gioco astuto del nemico.

L’Islamismo è un nemico mortale della civiltà, e come tale dev’essere trattato. Ogni velleità di compromesso e di accomodamento o è stupidità o è complicità: due comportamenti da sradicare sul nascere.

Di Adriano Segatori

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