Afghanistan: Talebani 2.0

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I talebani 2.0 a differenza dei loro predecessori hanno compreso l’importanza di una solida partnership politica diplomatica, militare ed economica con potenze straniere non solo per rilanciare l’economia in modo da evitare ulteriori malcontenti interni, ma sopratutto per ovviare ad eventuali sanzioni internazionali da parte dell’Occidente, per usufruire di un deterrente geopolitico contro nuovi possibili attacchi militari da parte degli USA e/o della NATO, per ottenere la legittimazione internazionale come movimento religioso/politico e scrollarsi così di dosso l’etichetta di organizzazione terroristica e al contempo il riconoscimento come nazione sovrana in qualità di Emirato islamico. L’Afghanistan a dispetto di quanto sostiene la Nato per bocca del segretario generale Jens Stoltenberg: “La Nato e l’intera comunità internazionale non accetteranno che l’Afghanistan torni ad essere un rifugio per i terroristi” è nuovamente la nazione dei terroristi, il porto sicuro per le altre organizzazioni terroristiche islamiche. Tra i primi provvedimenti i talebani hanno disposto la scarcerazione dei loro compagni e di atri terroristi, tra questi l’ autore della strage di Kabul.
I talebani avevano garantito la costituzione di un governo inclusivo che comprendesse anche delle donne, alla coalizione internazionale e alle afghane che rivendicano i loro diritti, il diritto alla rappresentanza politica a ricoprire vari ruoli nella società e nel mondo del lavoro ha risposto in maniera inequivocabile Sayed Zekrullah Hashim portavoce dei talebani dichiarando tra l’altro: “Non è necessario che le donne siano nel governo, loro devono fare figli…ed educarli secondo i valori islamici”, confermando che i talebani non hanno mai avuto intenzione di consentire alle donne di far parte del loro sedicente governo e crederci è stato da utili idioti. Per questi barbuti terroristi la libertà delle donne è una minaccia alla stessa tenuta della loro organizzazione e alla continuità dell’Emirato islamico.

Come si può nutrire fiducia in un “governo” imposto con la forza, composto da soli uomini, figure di spicco dell’organizzazione e dai loro gregari, guidato dal mullah Mohammad Hassan Akhund, che è sulla lista nera delle Nazioni Unite e in cui figura Sirajuddin Haqqani ricercato dall’FBI americano. Per i ministri la direttiva base è quella di applicare e sostenere alla lettera la legge coranica al fine di consolidare l’Emirato islamico, con buona pace della libertà e della democrazia tanto care all’occidente, dimostrando che si tratta di una Teocrazia islamica dominata dai talebani. I talebani si sono così legittimati, quali referenti di spicco nella galassia terroristica islamica, agli occhi delle altre organizzazioni jihadiste che hanno salutato con fervore l’avvento dell’Emirato islamico dell’Afghanistan.
Il presidente Biden, la NATO, la coalizione e l’UE hanno tutti miseramente fallito dando prova d’incompetenza politica e militare, dell’incapacità di avere una visione a lungo termine, riconsegnando l’Afghanistan nelle mani di una pericolosa organizzazione terroristica, servendolo su di un vassoio di argento alla Russia, alla Cina e al Qatar pronte ad offrire ai talebani l’opportunità di spezzare l’isolamento politico e accordi di vario genere pur di accedere alle risorse afghane, mentre l’UE deve arginare l’inevitabile ondata di “profughi” che finiranno col diventare risorse funzionali all’islamizzazione dell’Europa. Il riconoscimento del fasullo governo talebano va negato con tutte gli strumenti politici possibili per non legittimare il terrorismo islamico, per evitare che altre organizzazioni terroristiche della stessa matrice emulino i talebani, per inviare un messaggio politico di disappunto alla Russia, alla Cina, al Qatar e al Pakistan che nega qualsiasi ruolo in Afghanistan, di avere rapporti con i terroristi ma dichiara di poterne facilitare il dialogo con gli USA e che con tutta probabilità proverà a cooptare i talebani sia per ragioni geopolitiche sia per impedire che il movimento possa espandersi a macchia d’olio nello stesso Pakistan, e non ultimo per lanciare un messaggio di sostegno alle forze anti-talebane.

Cosimo De Vitis

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