Devastare l’anima

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Aveva 29 anni Frozan Safi, docente di economia, la quarta donna assassinata in Afghanistan dal giorno dell’arrivo dei talebani.

A leggere qualche rarefatta notizia dell’episodio criminoso, non si sa se sia più ipocrita l’annuncio del regime islamista dell’arresto dei due presunti responsabili o la puntualizzazione da parte della stampa del nostro regime nella specificazione: “impossibile al momento accertare il movente”.

Era una delle tante donne libere che continuano a combattere pacificamente per i diritti elementari di civiltà, non certo per il riconoscimento delle voglie egoistiche del nostro occidente corrotto ed individualista.

Lei non si batteva per il riconoscimento dei vizi decadenti di minoranze agguerrite, ma per il diritto ai benefici di una vita dignitosa e autonoma per la maggioranza, affrancata dalla violenza ideo-teologica di un sistema oscurantista e opprimente.

Chissà perché sarà stata uccisa Safi, si chiede qualcuno.

Perché guardava in faccia la realtà, perché puntava gli occhi sugli uomini, perché non era disposta a nascondere il volto, perché manteneva uno stile che una donna non dovrebbe avere secondo il precetto talebano, secondo il quale “deve comportarsi, agli occhi dell’uomo, come un essere che non pensa” – denuncia il poeta Adonis.

È significativa la modalità dell’uccisione dal punto di vista simbolico. Gli assassini l’hanno sforacchiata nel corpo, ma soprattutto l’hanno devastata nel volto. Dovevano spegnerle il sorriso, chiuderle gli occhi: sorriso e sguardo difficili da sostenere da chi si sente minacciato dalla bellezza e dalla libertà.

Safi rappresentava il pensiero critico, fuori dalla cornice dei precetti radicali, estraneo alla mansuetudine della sottomissione.

Sfigurare il viso, con i proiettili o con l’acido, è il rituale mafioso per colpire chi ha tradito il codice di appartenenza.

La stessa modalità usata su Safi che, nel delirio totalitario islamista, ha trasgredito la legge coranica ed ha violato il dettato magico e superstizioso di una divinità tirannica e tetra.
Non si sono sentite voci autorevoli né piagnucolii istituzionali per questa morte. Safi era estranea al suo mondo, certo, ma anche misconosciuta al nostro.

In fondo, è morta per la libertà di due mondi: il primo l’ha uccisa, il secondo ha fatto finta di niente.

 Di Adriano Segatori

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