L’Islamofobia è parto delle furbe intelligenze dei Fratelli Musulmani, supportati apertamente dal Qatar e dalla Turchia di Erdogan anche all’interno degli stessi paesi europei. La rivendicazione del “diritto al velo” che abbiamo visto in Francia non ha nulla a che vedere con la libertà religiosa. È qui che si annida il sottile inganno dell’Islamofobia. E la Sinistra, anche quella italiana, è collaborazionista e alleata degli islamisti.
Islamofobia in azione. L’inganno si è manifestato in tutta la sua evidenza lo scorso 10 novembre a Parigi, con la marcia di migliaia di giovani “pour dire stop à l’islamophobie“. Organizzata da noti militanti come Madjid Messaoudene e Taha Bouhafs, insieme al Collectif contre l’islamophobie, tutti immancabilmente riconducibili ai Fratelli Musulmani, la manifestazione in nome della libertà religiosa è stata scandida dal leit motiv “Allahu Akbar” e ha visto una considerevole partecipazione femminile.
Al centro delle contestazioni, il diritto di portare il velo per le donne di religione islamica, rivendicazione in aperta contrapposizione al divieto di mostrare qualsivoglia segno religioso in luoghi pubblici, imposto dalla laicità alla francese. Una rigidità, questa, che, alimentando nella componente musulmana il senso di essere vittima di una discriminazione, non fa altro che agevolare i “professionisti” dell’islamofobia, i quali hanno gioco facile nell’elevare il velo a “battaglia di civiltà”, affiancati, ça va sans dire, dalla sinistra francese, rappresentata alla marcia di Parigi da Jean-Luc Mélenchon e dagli ecologisti à la Greta, verdi fuori rossi dentro.
Islamisti e sinistra insieme, uno scenario ben noto anche in Italia e che ha ormai preso piedi in tutta Europa, anche all’interno delle istituzioni comunitarie.
Se l’approccio della Francia agli affari religiosi mostra i suoi effetti controproducenti, non deve sfuggire che la rivendicazione del “diritto al velo” non ha nulla a che vedere con la libertà religiosa. È qui che si annida il sottile inganno dell’Islamofobia, nel quale le prime a cadere sono proprio le donne di religione islamica, a cui viene inculcata, fin dalla nascita e durante la crescita, la malsana convinzione che il velo è simbolo di purezza e che quindi senza di esso andranno letteralmente all’inferno, come ha spiegato in un’intervista Fatiha Boudjahlat, attivista e commentatrice francese di origine tunisina.
Più in generale, Boudjahlat si è espressa in maniera fortemente critica verso l’Islamofobia, che strumentalizza le discriminazioni, vere ma talvolta anche presunte, in cui incorrono i musulmani in Europa, per compattarli in un gruppo separato dalla società, non integrato, ma ben militarizzato ideologicamente, con l’obiettivo di avanzare l’agenda fondamentalista, che ha nel “diritto al velo” uno dei suoi pilastri principali.
L’Islamofobia è parto delle furbe intelligenze dei Fratelli Musulmani, supportati apertamente dal Qatar e dalla Turchia di Erdogan anche all’interno degli stessi paesi europei, come illustrato dal libro inchiesta Qatar Papers e dimostrato dal Rapporto sull’Islamofobia elaborato dal think tank turco SETA, in collaborazione con una rete composta da decine di accademici ed esperti “impegnati”, vale a dire di sinistra, appartenenti a tutti gli stati membri dell’UE.
Alla sinistra collaborazionista, alleata degli islamisti, Boudjahlat riserva l’accusa di tradimento dei diritti e delle libertà per i quali continua a fregiarsi di combattere in nome del multiculturalismo, inganno nel quale l’Europa sembra ormai sprofondata quasi irreversibilmente (l’edizione 2018 del Rapporto sull’Islamofobia promosso da Erdogan è stato incredibilmente finanziato dalla stessa UE). Il “Bella ciao” intonato dai neo-Commissari europei “socialisti”, tra cui Gentiloni del PD, risuona pertanto come delle campane a morte per gli europei e fa il paio con gli slogan che hanno caratterizzato la marcia contro l’Islamofobia di Parigi.