Ci sono grandi uomini che fanno la Storia e scialbi figuranti che gestiscono la cronaca quotidiana. Pensiamo alla miseria della pseudopolitica italiana e vediamo subito le differenze.
Da noi, quattro politicanti al servizio di poteri antinazionali perseguono la strada dell’accettazione servile di prescrizioni e imposizioni straniere. E questi cascami di un’antica grandezza, per sopravvivere ai propri fallimenti, devono costantemente deformare la Storia, demonizzando gli sconfitti e mitizzare i vincitori, impossibilitati dalla loro miseria umana a creare un senso di comunità e di destino.
L’Italia, colonia americana con diffuse basi militari e depositi nucleari, mantiene con umile servilismo e remissiva sottomissione la sua posizione cortigiana all’interno di quel Nuovo Ordine Mondiale che ha gestito anche la farsa pandemica. L’ultimo nostro statista è stato Bettino Craxi, che a Sigonella, in quell’ottobre del 1985, fu l’orgoglio della Nazione con l’ultimo atto di sovranità. Dopo di lui una lenta, inesorabile e vile dismissione di ogni briciolo di dignità. Possiamo dire che Craxi fu il rappresentante della tradizione e dell’eredità storica.
In questa melassa atlantista e globalista, Putin è senza dubbio il difensore della tradizione russa e l’unica trincea contro l’avanzata metastatica del mondialismo. Da politico lucido e determinato, sicuro di sé e libero da influenze esterne, ha compiuto alcune mosse di eccezionale efficacia per rimettere la Nazionale su un livello di importanza internazionale e porsi come alternativa al livellamento culturale e ideologico largamente diffuso.
Ha preso atto della fine del comunismo dopo il tracollo del 1989 e i precedenti discutibili della gestione di Gorbaciov e di Eltsin. E non potendo usufruire di indicatori di un sistema comunista miseramente fallito, il suo colpo di genio è stato quello di ritornare alle radici russe chiudendo con il passato più recente.
Alcuni passaggi simbolici. Ha ripreso i contatti con un suo amico di infanzia, Georgji Romanov discendente dello Zar; ha fatto costruire un monumento a Alessandro I davanti al Cremlino; ha fatto erigere una statua ad Aleksandr Solzhenitsyn definendolo “un vero patriota”; ha allacciato un’alleanza con la Chiesa ortodossa.
Putin ha riacceso l’anima del popolo russo attraverso la potenza mai abolita dei culti e dei riti: della Patria, della Storia e del Sacro.
È evidente che tutto ciò è indigesto per un occidente globalista, indifferenziato e relativista. È lampante come Putin sia la controparte attrattiva e pericolosa per chi pretende di avere la supremazia su un mondo uniformizzato al modello unico americano.
Sull’autorevolezza di coloro che criticano la sua iniziativa, dopo l’attacco alla Serbia, alla Siria, alla Libia, all’Iraq ed altri ameni interventi democratici e umanitari è meglio stendere un velo pietoso.