Ubuntu: il valore educativo della solidarietà – In Africa è la parola ubuntu che meglio di altre definisce l’individuo in termini di relazione.
Ubuntu è il principio secondo cui si cura il benessere di ciascuno, uno spirito di mutuo soccorso. L’umanità di ogni individuo è idealmente espressa attraverso la sua relazione con gli altri, ma se è vero che il termine umanesimo è polivalente e che il suo significato non può venir fuori esclusivamente da un’analisi semantica del termine stesso, allora si può azzardare una nuova considerazione che lo indichi come “un sistema di riflessione sull’uomo, tendente a porre in atto le condizioni migliori affinché si possa raggiungere il bene comune”.
Scopo dello sviluppo dovrebbe essere la soddisfazione dei bisogni fondamentali di ognuno, invece, è evidente la sproporzione tra la parte di vita umana garantita e potenziata ben al di là dei suoi bisogni e la parte di vita umana “condannata alla sofferenza” per fame, sete, violenze, malattie e guerre. In molte zone del mondo, la costrizione a rimanere in silenzio si accosta al mancato soddisfacimento dei bisogni più elementari. Porre l’accento sull’argomento, significa richiamare l’attenzione su una nuova e possibile concretizzazione del discorso sui diritti, assumendo la responsabilità di fronte alle numerose forme di disuguaglianze e vulnerabilità.
Non è più sufficiente proclamare la dignità umana, come spesso accade nei documenti ufficiali e nelle dichiarazioni internazionali, in quanto, si rischia di limitarsi
ad esaltare in via normativa il valore delle persone a livello universale. Bisogna partire, invece, dalla constatazione realistica per cui in gran parte del pianeta, le persone non sono esseri umani.
La più orrenda di tutte le privazioni dei diritti umani è proprio la schiavitù, essa in epoca globale è caotica, mutevole, dinamica, si nasconde dietro diverse maschere.
Soverchiata da un progresso scientifico e inarrestabile, l’umanità sembra essere rimasta priva di un obiettivo verso il futuro. In questa sorta di eterno presente, la società stravolta dalle disuguaglianze, dalla violenza e dalla regressione ideologica, è quella che corre senza accorgersi di chi rimane indietro.
Nell’epoca dove i tempi sono velocizzati, anche a causa dei nuovi mezzi tecnologici che ci fanno vivere in un mondo di spontaneità subitanea, immediata, la relazione tra le persone si sta affievolendo. La relazione tra le persone richiede tempo. Prendersi del tempo significa non incalzare, non andare di fretta. Significa “prendere in mano il tempo”, gestirlo e padroneggiarlo, vuol dire attivare il processo empatico verso gli altri. Oggi, più che nel passato, risulta essenziale il percorso di educazione orientato alla solidarietà sociale che, ovviamente, non può essere circoscritta al campo d’azione glocale. Diviene indispensabile la trasmissione della “chiarezza umana”, il senso di responsabilità verso gli altri, in termini di verità e autenticità, al fine di porre le basi per un progetto di armonizzazione del senso comune. È attraverso la cultura della solidarietà che si costituisce un’umanità sempre più accogliente e che contribuisce alla risoluzione dei problemi del disagio e delle nuove povertà.
La solidarietà rappresenta il valore cardine per una nuova forma di umanesimo.
Già nella prima metà del XX secolo, Buber denunciava l’emergenza del problema collettivistico, inteso come l’incapacità dell’uomo di rapportarsi con l’altro e, non sapendo superare l’isolamento, ne diventa insensibile, restando vittima dell’apparente unione.
Dove tutto sembra connesso, noi siamo isole, segregate dietro muri di indifferenza, ciechi a ciò che è altro da noi, impegnati quotidianamente a cercare capri espiatori. Schiviamo e accusiamo la miseria, la sofferenza negli occhi altrui, perché ci ricorda in maniera palese e spaventosa quanto sia imprevedibile il destino, quanto siano labili gli equilibri del nostro modo di vivere, delle nostre fragili certezze.
In questo mondo precario viviamo quotidianamente in un disagio sociale dilagante, in assenza di certezze esistenziali, siamo testimoni consapevoli di una crescente e dilagante prevaricazione sotto ogni fronte. Per contrastare l’assurdità del male e del dolore è necessario intraprendere non provvisoriamente la strada della pace e della solidarietà, nella consapevolezza che nel mondo, ogni giorno muoiono migliaia di bambini per malnutrizione e a causa di malattie facilmente curabili.
Purtroppo, troppo spesso perdiamo la memoria di ciò che accade, una trascuratezza che tende a nascondere, se non addirittura a negare gli eventi. La solidarietà non può che attuarsi al di là dei limiti e delle differenze ideologiche, politiche, fideistiche o meramente culturali.
La costruzione di una nuova umanità, la definizione dell’essere uomo del XXI secolo, non può non passare attraverso la costruzione di una società democratica che sia concretamente solidale. In un mondo che cambia velocemente e che esige un modello di convivenza capace di rispettare e contenere differenze e specificità, divengono sempre più necessari i fatti concreti, in termini di accoglienza, accettazione, integrazione e rispetto.
La crisi attuale ha tolto la maschera all’umanità, rivelando l’inizio di una sorta di processo erosivo che potrebbe indurci a diventare soli in mezzo a tanti. Guardando al futuro, con la consapevolezza del presente, significa voler credere davvero al cambiamento, vedere con occhio critico ciò che è stato. Significa innanzitutto recuperare noi stessi e prepararci al grande passo, per provare a ridisegnare il nostro avvenire.