Schooyans, il dimenticato profeta della cultura della vita – È significativo l’imbarazzato silenzio con cui nella Chiesa è stata accolta la notizia della morte di monsignor Michel Schooyans, avvenuta lo scorso 3 maggio all’età di 92 anni. Il gesuita belga, filosofo e teologo, aveva scritto numerosi saggi su bioetica, demografia, organizzazioni internazionali denunciando la “cultura della morte”. Ma negli ultimi anni aveva notato come questa ideologia mondana si fosse insinuata nella Chiesa.
È significativo l’imbarazzato silenzio con cui nella Chiesa è stata accolta la notizia della morte di monsignor Michel Schooyans, avvenuta lo scorso 3 maggio all’età di 92 anni. Belga, gesuita, filosofo e teologo, docente all’Università di Lovanio e in altri atenei nel mondo, autore di una ventina di libri, Schooyans è stato un punto di riferimento fondamentale per Giovanni Paolo II, perché i suoi studi scientifici su bioetica, demografia, organizzazioni internazionali ben si coniugavano con le intuizioni e le indicazioni del papa polacco.
Ha saputo descrivere con grande precisione origini, fautori e conseguenze della “cultura della morte”, che Giovanni Paolo II tante volte ha denunciato opponendovi la “cultura della vita”, che ugualmente monsignor Schooyans sapeva indicare e rendere affascinante. In tanti suoi saggi ha descritto la perversione del cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale, finalizzato a «ridurre il numero dei commensali alla tavola dell’umanità», come recita il sottotitolo del suo libro Nuovo Disordine Mondiale, prefato nel 1997 dall’allora cardinale Joseph Ratzinger. Erano gli anni delle Conferenze internazionali dell’ONU (con a tema l’ambiente, la popolazione, lo sviluppo) che hanno posto le basi ideologiche del Nuovo Ordine Mondiale e in cui la Santa Sede fu protagonista per fermare l’avanzata di una ideologia anti-umana.
Non a caso monsignor Schooyans era stato chiamato alla Pontificia Accademia per la Vita, alla Pontificia Accademia per le Scienze Sociali e al Pontificio Consiglio per la Famiglia. Fu proprio in occasione di uno degli incontri di questo Pontificio Consiglio, allora diretto dal cardinale colombiano Alfonso Lopez Trujillo, che conobbi personalmente monsignor Schooyans. Avevo scritto il libro Il complotto demografico, subito dopo la Conferenza internazionale del Cairo su popolazione e sviluppo del 1994, e monsignor Schooyans era un’autorità indiscussa in quanto a demografia e politiche ONU. Colpiva la sua umiltà e discrezione che accompagnavano una grande competenza e intelligenza, oltre alla chiarezza di giudizio.
Aveva la consapevolezza della gravità del momento storico che tuttora stiamo vivendo, una vera e propria rivoluzione antropologica che, nata dalle società occidentali, si impone a tutto il mondo attraverso le agenzie dell’ONU. Un profondo desiderio di morte che odia e distrugge la vita: l’aborto e l’eutanasia promossi come diritti umani quando sono semplici strumenti di ingegneria sociale attivati dai potenti. Soprattutto l’aborto rappresentava un fronte che lo ha visto combattere strenuamente. Basti citare i titoli di alcuni suoi libri, tradotti in italiano: La profezia di Paolo VI. L’enciclica Humanae Vitae; Aborto e politica; Il complotto dell’ONU contro la vita; Evoluzioni demografiche: tra falsi miti e verità.
Senza dimenticare il breve saggio in francese Sur l’affaire de Recife et quelque autres…: Fausse compassion et vraie désinformation, sulla incresciosa vicenda del 2009, quando una bambina brasiliana di 9 anni, violentata dal patrigno e rimasta incinta di due gemelli, fu fatta abortire dai medici. Il caso provocò una durissima polemica tra il vescovo di Recife, che aveva scomunicato i medici, e monsignor Rino Fisichella, allora presidente della Pontificia Accademia per la Vita che prese posizione “a favore della bambina”, in realtà giustificando la decisione dei medici. Monsignor Schooyans scrisse una lunga requisitoria dimostrando che monsignor Fisichella si era basato su notizie false e falsi assunti, e fece appello diretto al Papa lamentando lo scandalo della posizione presa da chi rappresentava la Pontificia Accademia per la Vita.
Schooyans definiva l’ideologia di morte che pervade la politica internazionale “Terrorismo dal volto umano”, come recita il titolo di un altro suo libro, una pulsione di morte tipica delle ideologie contemporanee. Non solo comunismo, fascismo e nazismo: «È ben noto – diceva nel libro-intervista Gli idoli della modernità – come le ideologie totalitarie del XX secolo siano sopravvissute ai regimi che le avevano ispirate. Queste ideologie hanno in comune il rifiuto di qualunque punto di riferimento morale. Bisogna essere pronti alla morte, oppure a dare la morte, se così lo richiedono la disciplina del Partito, la purezza della Razza o lo Stato. Queste ideologie, fiorite all’insegna del comunismo, del nazismo e del fascismo, sono sempre molto fervide, e inoltre, oggigiorno, sono sostenute dall’ondata sconvolgente dell’ideologia neo-liberale».
E ancora: «A differenza di quello classico, il nuovo terrorismo è tanto più efficace quanto più discreto. Esso ricorre a un insieme di discipline che comprende le scienze biomediche, demografiche, il diritto e le tecniche della comunicazione. Questo terrorismo beneficia dell’appoggio logistico ed è finanziato da alcune tra le più rilevanti organizzazioni internazionali. Questo nuovo terrorismo colpisce anzitutto l’integrità intellettuale e morale delle persone. Esso sembra avere un volto umano; sembra rendere onore alla verità; dà l’impressione di valorizzare la libertà, mentre in realtà cerca solo di irretire gli uomini nelle maglie della cultura della morte». Riguardiamo alla storia di questi ultimi due anni e mezzo e ci renderemo conto di quanto le sue parole siano profetiche.
Come rispondere a tutto questo? Solo il Vangelo è una risposta al “disordine mondiale”, l’unica possibilità di rimettere il mondo in ordine, diceva Schooyans, che dedicò appunto anche un libro a questo tema: L’Évangile face au désordre mondial. «Il messaggio della Chiesa – scriveva – presenta la semplicità e la radicalità del Vangelo: si tratta di un invito alla Felicità. La felicità consiste nell’amare. (…) Bisogna ridare agli uomini la gioia di vivere e di amare».
Ma negli ultimi anni aveva avvertito che anche nella Chiesa stava prendendo il sopravvento l’ideologia mondana, e un chiaro segno di questo erano i due Sinodi sulla famiglia (2014-2015), come scrisse in un saggio del 2016 che La Nuova Bussola Quotidiana pubblicò in esclusiva in italiano in tre puntate (qui, qui e qui). Vale la pena riportarne un breve passaggio di estrema attualità, dedicato al ritorno dei «casuisti, vale a dire i moralisti che si adoperano a risolvere i casi di coscienza senza cedere al rigorismo». La casuistica nasce nel XVII secolo e dà adito a una controversia, che vide anche Pascal criticare duramente i casuisti.
Ecco cosa scriveva Schooyans: «Alcuni moralisti si impegnano a fornire soluzioni che aggradano a persone che ricorrono ai loro lumi. In questi casuisti di ieri e di oggi, i principi fondamentali della morale sono eclissati dai giudizi spesso divergenti emessi da questi gravi consulenti spirituali. Il disinteresse da cui è afflitta la morale fondamentale lascia campo libero all’instaurazione di un diritto positivo che dei codici di comportamento mette al bando ciò che insiste a riferirsi alle regole fondamentali della morale. Il casuista, o neocasuista, è diventato legislatore e giudice. Coltiva l’arte di disorientare i fedeli. La sollecitudine per la verità rivelata e accessibile alla ragione perde il suo interesse. Al limite, ci s’interesserà solo alle posizioni “probabili”. Grazie al probabilismo, una tesi potrà dar luogo ad interpretazioni contraddittorie.
Il probabilismo permetterà di suggerire ora il caldo ora il freddo, il pro e il contro. Si dimentica l’insegnamento di Gesù: «Quando parlate, dite “sì” o “no”, tutto il resto viene dal Maligno» (Mt 5, 37; Gc 5: 12; cfr 2 Cor 1, 20). Nondimeno, ciascun neocasuista si muoverà secondo la propria interpretazione. La tendenza è alla confusione delle tesi, alla doppiezza, alla doppia o tripla verità, a una valanga di interpretazioni. Il casuista ha un cuore diviso, ma intende restare un amico del mondo (cfr Gc 4, 4-8).
A poco a poco appassiranno le regole di condotta fissate dalla volontà del Signore e trasmesse dal magistero della Chiesa. La qualificazione morale degli atti può dunque essere modificata. I casuisti non si accontentano di addolcire questa qualificazione; vogliono trasformare la legge morale stessa. Questo sarà il compito dei casuisti, dei confessori, dei direttori spirituali, a volte di alcuni vescovi. Tutti dovranno avere la preoccupazione di piacere. Di conseguenza, dovranno ricorrere al compromesso, adattare il loro discorso alla soddisfazione delle passioni umane: non bisogna respingere nessuno».