ATTACCO ALLA GIOVENTÙ

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Adriano Segatori - immigrazione - integrazione - monfalcone

ATTACCO ALLA GIOVENTÙ – Ho letto e condiviso l’articolo ineccepibile di Adriana Cantiani con gli indicatori “di salute” in riferimento all’uso indiscriminato dei dispositivi elettronici nei bambini e negli adolescenti.
Risale al 2012 il primo lavoro scientifico su questo problema dello psichiatra Manfred Spitzer, uscito in Italia con il titolo Demenza digitale.
Nel corso di molti anni di ricerche, approfondimenti, analisi psicologiche e conferme cliniche, è ormai accertato il complesso di danni organici e psichici che l’uso di computer e smartphone comporta: da alterazioni diffuse a livello cerebrale ad effetti collaterali importanti sullo stato emotivo e relazionale.
Questi apparecchi predispongono alla superficialità nello studio, nel lavoro e negli stessi rapporti sociali: da un lato si riscontrano diversificate riduzioni delle sinapsi e delle
connessioni neuroniche, dall’altro si registrano in numero sempre crescente fenomeni di isolamento sociale, di condizionamento pubblicitario, di deficit della memoria e di disturbi
dell’attenzione.
Limitandoci ai danni procurati da due strumenti didattici, escludiamo necessariamente tutta un’altra serie disagi e di disturbi legati alle strumentazioni di svago come i giochi virtuali, il cybersesso o le relazioni in rete, bullismo compreso. È un campo di dispositivi e un orizzonte di conseguenze sempre più pressanti ed evidenti nel corso di questi decenni, se si pensa che il primo centro di ricerca su quel disturbo poi chiamato internet addiction o dipendenza tecnologica risale al 1995 negli Stati Uniti.
Già a livello cognitivo e di elaborazione del pensiero gli effetti sono devastanti.
L’apprendimento superficiale diminuisce la capacità di analisi del testo e le competenze critiche. La ridotta pratica di lettura e di scrittura, con l’accertata alterazione neurobiologica,
è un fattore facilitante la dislessia e la disgrafia. La ridotta o nulla abitudine alla concentrazione – elemento direttamente collegato all’autodisciplina – rende difficoltosa
l’organizzazione di un qualsiasi progetto e lo stesso controllo emotivo nelle relazioni interpersonali. La perdita dell’abitudine a prendere appunti e scrivere manualmente osservazioni e approfondimenti influisce negativamente sulla memoria e sul processo cognitivo.
Si potrebbe continuare con lamentele e contestazioni, per altro perfettamente denunciate in innumerevoli lavori scientifici a carattere psichico ed educativo. Ma il problema è un altro: che fare?
Quanto evidenziato dagli specialisti, e i consigli messi a punto dagli stessi in ambito di cura e maggiormente di prevenzione continuano a rimanere lettera morta. Il come mai questo
equivoco silenzio è perfettamente denunciato da Spitzer. È la scienza che viene zittita dagli interessi economici legati all’industria tecnologica. “Molte persone”; – annota Spitzer – “ottengono enormi profitti con i prodotti digitali e non danno alcuna importanza al destino degli utenti, in particolare dei bambini. […] L’aspetto più triste e ben più pericoloso, è che anche rappresentanti della chiesa, politici, il ministero della Salute, il ministero dell’Istruzione pubblica e altre istituzioni si uniscano acriticamente all’elogio dei media digitali. […] non riconoscono i risultati della ricerca scientifica, bensì diffondono consapevolmente dichiarazioni mendaci”.
Riassunto: a fronte degli allarmi degli specialisti, si continua a digitalizzare e disumanizzare la scuola, per altro con la solidarietà complice dei genitori che antepongono la comodità al
quotidiano impegno e sacrificio educativo.

Ma questa è un’altra storia.

 

Prof. Adriano Segatori

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