Caso Meloni, summum ius summa iniuria

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Antonfrancesco Venturini

Caso Meloni, summum ius summa iniuria –  “Summum ius summa iniuria” è un noto aforisma latino citato da Cicerone in De Officiis I, ma ben più antico, il cui significato è che l’applicazione rigida del diritto può facilmente comportare un’ingiustizia.
Questa locuzione è la prima cosa che mi è balzata in mente alla notizia dell’apertura delle indagini nei confronti di Giorgia Meloni, Alfredo Mantovano ed i Ministri Nordio e Piantedosi sul
caso Almastri.
Il significato è chiaro, un’applicazione troppo rigorosa e rigida delle norme, priva di quella criticità e quella necessaria interpretazione che tenga conto delle effettive finalità della legge, nonché delle specifiche circostanze del caso concreto da inquadrare ed interpretare affinchè dette finalità siano effettivamente perseguite, potrebbe facilmente comportare un’ingiustizia con evidente deviazione rispetto a quanto la norma aveva voluto assicurare in contemperanza degli interessi tutelati.
I fatti sono noti, il generale Nijeem Osama Almastri i primi di gennaio è arrivato in Europa ed ha transitato per vari Paesi, come Inghilterra, Belgio e Germania. Dopo quasi due settimane che scorrazzava indisturbato la Corte Penale Internazionale ha spiccato un mandato d’arresto per crimini di guerra e contro l’umanità. Il generale, giunto in Italia, viene fermato ma poco dopo rilasciato su disposizione della Corte d’Appello a causa di un errore procedurale, l’arresto sarebbe stato irrituale perché la Corte Penale Internazionale non aveva in precedenza trasmesso gli atti al Ministro Nordio.
Ecco un primo caso di “summum ius summa iniuria”, o almeno così può essere percepito dal cittadino comune.
Il Governo italiano, allarmato dalla presenza nel Paese di un personaggio così, diciamo, controverso, lo rimpatria velocemente con un volo di Stato, che garantiva una maggior rapidità, facendo una legittima valutazione politica sulla sua pericolosità e, quindi, sull’esigenza, per la tutela della sicurezza nazionale, di espellerlo con urgenza.
Un anziano avvocato sulla soglia degli ottant’anni, Luigi Li Gotti, effettivamente di grande esperienza e che ha ricoperto anche cariche di governo, presenta un esposto in Procura ipotizzando in capo al Premier ed ad altri membri del Governo i reati di favoreggiamento e peculato in relazione all’atto, politico, di aver rimpatriato il generale con un volo di Stato. La motivazione è la sua indignazione, quale semplice cittadino, di fronte a questa pretesa ingiustizia che evidentemente riteneva aver creato grave danno e discreditamento al Paese.
Il Procuratore della Repubblica di Roma dr. Lo Voi, applica letteralmente l’art. 6 comma 2 della Legge Costituzionale n.1 del 1989 che testualmente recita:” Il procuratore della Repubblica, omessa ogni indagine, entro il termine di quindici giorni, trasmette con le sue richieste gli atti relativi al collegio di cui al successivo articolo 7, dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati perché questi possano presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati”.

L’alto Magistrato, quindi, trasmette il tutto al così detto Tribunale dei Ministri e ne dà comunicazione (non si tratta tecnicamente di avviso di garanzia) agli interessati.
Sbaglia a fare ciò? In punta di diritto direi di no, egli pedissequamente applica detta norma senza alcun approfondimento critico che la delicatezza della situazione avrebbe forse consigliato.
Anche qui viene in mente il brocardo “summum ius, summa iniuria”.
Il mettere sotto accusa il Premier e mezzo governo su di una notizia di reato decisamente singolare di certo non costituisce un errore di diritto, ma appare una decisione almeno leggera considerate le ripercussioni che ciò può avere anche a livello internazionale per la credibilità dell’esecutivo, in un momento storico in cui l’Italia sta costituendo la guida in Europa per i valori del mondo occidentale e nei rapporti con la nuova amministrazione americana guidata da Trump, che già ampiamente ha dimostrato la considerazione che ha nei confronti di Giorgia Meloni, oggi indagata nel proprio Paese.
Summum ius, summa inuria? Direi di sì.
La domanda che sorge spontanea è se il Procuratore poteva comportarsi diversamente oppure se il suo fosse atto dovuto in applicazione della detta Legge Costituzionale n.1/89.
Rischio di essere noioso, ma qualche riferimento di diritto appare necessario per far comprendere al meglio la vicenda al di là delle tifoserie.
Nel 2022 è stato modificato l’art.335 c.p.p., quello che regolamenta l’attività dei P.M. in relazione alla iscrizione nel registro delle notizie di reato. La modifica ha introdotto la previsione che il fatto ipotizzato come reato debba essere “non inverosimile”, per cui ha inserito esplicitamente nella norma quel principio, già ampiamente dettato in varie decisioni della Corte di Cassazione, in base al quale il P.M. è obbligato all’iscrizione solo in caso di una notizia di reato effettivamente qualificata e non di fronte a qualsiasi esposto, denuncia o querela anche chiaramente infondato.
Una circolare del dr. Pignatone, allora Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, del 2/10/2017, la n.3225/17, ha affrontato il tema della valutazione da parte del P.M. in
ordine ai presupposti per l’iscrizione, sottolineando che non esistono automatismi, tanto è vero che l’art.109 disp.att.c.p.p. parla di “eventuale” iscrizione al registro delle notizie di reato.
Infine il P.M. ha la possibilità di scegliere di procedere all’iscrizione di atti nel registro non contenente notizie di reato (cd. “mod. 45”) che normalmente sfocia in un provvedimento di diretta trasmissione degli atti in archivio da parte del Pubblico Ministero in relazione a quei fatti che fin dall’inizio appaiano come penalmente irrilevanti.
Gli elementi interpretativi sono tali e tanti da poter validamente sostenere che il Procuratore poteva ben scegliere di chiudere direttamente il caso. Non è stata questa la strada prescelta e non resta che prenderne rispettosamente atto nella certezza che il Tribunale dei Ministri non potrà che archiviare il tutto.

Certo tanti sono gli interrogativi che sorgono spontanei sul ritardo della Corte Penale Internazionale nell’emettere l’ordine di arresto, sull’errore procedurale commesso, talmente grossolano da rasentare l’incredibile, sull’improvviso senso civico dell’avv. Li Gotti, sulla scelta del Procuratore di non approfondire e considerare l’ipotesi del mod.45, perseguendo la di certo più facile strada, pienamente legittima s’intende, di trasmettere il tutto al Tribunale dei Ministri.
Il tempo chiarirà molte cose, quel che è sicuro è che questa vicenda non potrà che aumentare il consenso su Giorgia Meloni, a questo punto costretta anche a difendersi da accuse non di corruzione, concussione o di altre nefandezze per interessi personali, ma di legittima scelta politica per tutelare la sicurezza del Paese.

Di Antonfrancesco Venturini avvocato

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