In Libia c’è la guerra… che tutti volevano scongiurare

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La Libia rimane una polveriera e forse nessuno sa dove mettere mani. Gli scontri continuano da giorni e la possibilità di aprire la sede del nostro consolato a Bengasi al momento non è attuabile.
Perchè “in Libia c’è una guerra reale”, ha detto oggi il ministro degli Esteri italiano, Moavero Milanesi, durante l’audizione in commissione Esteri alla Camera. Sì, una guerra! Quella che tutti volevano scongiurare (almeno stando alle dichiarazioni) ma che nessuno è riuscito (o ha voluto)  fermare.
In fondo, la polveriera nel paese nordafricano fa comodo a quegli Stati, Francia in testa, che vogliono l’egemonia economica sulle enormi ricchezze della Libia. Ma il caos è difficile da gestire, soprattutto quando gli attori in campo sono le numerose tribù, milizie e gruppi interessati al potere e alle ricchezze del paese.
La sensazione, però, è che l’Italia per anni sia rimasta a guardare lo sgretolamento della Libia per mano di altre potenze straniere.
Dalla caduta di Gheddafi in poi, e anche adesso, Parigi ad esempio agisce come meglio crede contribuendo ad alimentare le tensioni con il nostro Paese. Sui rapporti con la Francia Moavero si è espresso durante l’audizione, premettendo però che “perfino nel periodo in cui le relazioni erano più difficili con la Francia, il contatto tra ministri degli Esteri c’è sempre stato. Questo non significa che non esista competizione con la Francia su versanti di influenza e interessi economici e politici”.
Insomma, una presa di posizione dura ma non troppo. Come quella nei confronti dei due uomini che oggi si combattono in Libia: il premier del governo voluto dall’Onu, Fayez al Serraj, e il generale Khalifa Haftar. Il primo non conta e durante i suoi anni di governo non ha mai controllato la Libia. L’altro, Haftar, è invece l’uomo forte della Cirenaica che gode dell’appoggio di molti paesi, tra cui la Francia. E Moavero ritiene che oggi si debba parlare con entrambi, anche con Haftar. I passati governi italiani hanno snobbato Haftar seguendo le indicazioni di una fallimentare Onu che ha imposto come capo del governo un uomo voluto da nessun libico. E l’Italia ha seguito le indicazioni senza capire bene cosa stava accadendo: la mattina Parigi stringeva la mano a Serraj per le foto opportunity e la sera ‘trescava’ con Haftar sotto il nostro naso.
Adesso il generale è lanciato verso Tripoli e combatte le milizie che appoggiano Serraj. Chi o cosa potrà fermarlo? Forse solo il potere. Ma se Haftar dovesse ottenere il comando della Libia l’Italia potrebbe avere problemi seri.

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