Green Deal – Le attività produttive dell’industria green sono state bloccate dal Covid19 partito dalla Cina, maggior importatore di petrolio al mondo e leader mondiale nell’industria delle rinnovabili. Ma è in Europa con suo il Green Deal, e nella sponda Sud del Mediterraneo dove si nasconde a cielo aperto un vero “Green Treasure”, il terreno dell’alleanza che potrebbe cambiare le sorti del nostro pianeta. L’Agenzia internazionale dell’energia ritiene che la capacità rinnovabile nella regione MENA raddoppierà nei prossimi cinque anni, guidata dal solare fotovoltaico e eolico.
Per superare queste sfide globali, l’UE accelera la sua nuova strategia di crescita parlando di “opportunità storica” per investire sulle tecnologie energetiche pulite. “Usando il Green Deal europeo come nostra bussola, possiamo trasformare la crisi di questa pandemia in un’opportunità per ricostruire le nostre economie in modo diverso e renderle più resilienti“, aveva detto il Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.
Che si tratti dell’inevitabile nuovo corso politico per l’economia europea lo conferma anche il Vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo Timmermans, in occasione della scorsa riunione annuale del dialogo sul clima di Petersberg, svolta per la prima volta in videoconferenza. “Abbiamo un’enorme opportunità. Nell’UE consideriamo il Green Deal come la nostra strategia di crescita”, aveva ribadito, identificando in edilizia, trasporti ed Energia i primi settori strategici da traghettare verso un’economia sostenibile. Non a caso trasporti e riscaldamento rappresentano l’80% del consumo energetico globale, osservati speciali dall’IEA.
Investire miliardi di euro per riavviare l’economia europea , puntando sull’energia rinnovabile che potrebbe alimentare una ripresa economica dal COVID-19 stimolando guadagni globali del PIL di quasi $ 100 miliardi (€ 92 miliardi) tra oggi e il 2050, come riferisce The Guardian in riferimento al rapporto dell’IRENA.
E fuori dall’Europa?
La risposta europea alla crisi potrebbe avere un impatto ben al di fuori del continente, e il Green Deal potrebbe stimolare l’accelerazione anche nelle aree di vicinato, come Est-Europa, Nord-Africa e Medio-Oriente, dove l’UE svolge un ruolo trainante per affrontare i problemi energetici.
La pandemia ha avuto un forte impatto sull’economia della regione, già vulnerabile. Salute pubblica e crisi economica, innescati da misure di allontanamento sociale, sono aggravati dal crollo dei prezzi del petrolio. I dati aggiornati al 21 maggio della Banca Mondiale stimano che il costo di questo doppio shock nei paesi Mena potrebbe ammontare al 3,7% del Pil nel 2020. In generale l’impatto macroeconomico della pandemia avrà effetti diversi nei vari Paesi.
La transizione nell’area EuroMediterranea resta quindi una sfida importante per le due sponde, tenuto conto dei diversi fattori (demografia, domanda d’energia, sviluppo di alcuni paesi, impatti ambientali e climatici ), cosi come la mutazione del quadro sociale, politico ed energetico a causa dei grandi sconvolgimenti che hanno colpito ogni paese ( la primavera araba, guerra in Libia, Siria, Iraq, crisi economica in Europa e in Grecia in particolare).
E’ un contesto regionale attraversato da potenti forze di cambiamento, che definiscono nuovi equilibri politici, economici e sociali, e il coronavirus non soltanto sta cambiando le abitudini e le vite delle persone, ma pone importanti interrogativi che mettono in evidenza le già accentuate differenze tra le due sponde del mare nostrum, cosi come tra gli stessi paesi dell’area sud-orientale, propriamente chiamata regione MENA, (che presentano diverse condizioni economiche, politiche, sociali, religiose, culturali ed energetiche).
In generale i paesi del nord del Mediterraneo hanno prestazioni migliori su diversi indicatori di benessere, sviluppo economico, efficacia del governo e reti sociali rispetto ai paesi del Mediterraneo meridionale e del Medio Oriente. Anche sul fronte Green la situazione è completamente a favore dei paesi del Nord con quasi l’80% della fornitura totale di energia rinnovabile nella regione.
Siamo allora auto-sufficienti? I dati dicono di no, e di fatto l’urgenza della questione energetica coinvolge direttamente proprio l’Unione Europea, caratterizzata ancora da una forte dipendenza di energia dai paesi terzi. Il petrolio e gas, nonostante lo storico crollo per effetto della pandemia, rappresentano ancora la quota dominante come fonte energetica nel Mediterraneo.
Questo consente ai paesi dell’area MENA di avere un ruolo fondamentale nell’assicurare il rifornimento energetico all’UE, sia in termini fornitura che di transito. L’incessante flusso di idrocarburi dalla sponda meridionale a quella settentrionale, rappresenta oltre il 50 per cento dell’export totale dalla regione. La crisi pandemica apre necessariamente un’inevitabile interrogativo sul futuro dell’energia nel Mediterraneo e sui nuovi equilibri, in ragione di tanti fattori, come appunto il nuovo corso europeo legato al Green deal e la politica di vicinato, la pressione delle agenzie internazionali per la transizione energetica, gli obbiettivi per il clima, la stabilità politica, i conflitti in atto, i costi sempre più sostenuti per l’estrazione dell’oro nero e la guerra dei mercati, il rendimento finanziario delle nuove energie pulite sempre più alto. In sintesi i continui ribassi dei costi mettono in risalto l’appetibilità delle energia rinnovabile come soluzione a basso costo per il clima e la de-carbonizzazione.
Ciò significa che per tutti i paesi della regione s’impone un cambiamento del trend energetico, per modificare le tendenze attuali e accelerare gli sforzi nella direzione delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica.
Già nel documento del 2014 “Regional Energy Efficiency Policy Recommendations” redatto dall’’Agenzia internazionale dell’energia (IEA), la Lega degli Stati arabi e il Centro regionale per le energie rinnovabili e l’efficienza energetica (RCREEE) vennero stilate da esperti regionali 20 raccomandazioni che coinvolgono diversi ambiti come l’edilizia e edifici, elettrodomestici e attrezzature, Illuminazione, Trasporto, Industria.
Deserto del Sahara, la “miniera green”.
L’enorme potenziale per la produzione di energia da fonti rinnovabile in primis, e le ingenti riserve di gas, rappresentano un’opportunità fondamentale per assicurare mix energetici ai paesi, dal Nord Africa all’Europa sud-orientale.
Questa parte della regione è infatti una preziosa “miniera green” a cielo aperto individuata
dall’Agenzia Spaziale Tedesca (DLR), dando prova che il sole del deserto del Sahara potrebbe addirittura sopperire all’energia necessaria a tutto il mondo. Secondo gli studi scientifici dell’Agenzia, basterebbe ricoprire di pannelli fotovoltaici appena il 2% del deserto del Sahara, perché l’irraggiamento solare in questa area è tra i più alti al mondo, ovvero di circa 3 volte superiore alla media europea, e basterebbe appena lo 0,3% per soddisfare il fabbisogno europeo. Inoltre il potenziale eolico nel Nord Africa, grazie alle zone fortemente ventose, rappresenta un’altra eccezionale opportunità.
Paradossalmente, nonostante i progressi tecnologici, il contributo di questi fonti sono molto
marginali nel mix energetico dei paesi.
Ma non si parte completamente da zero. Negli ultimi anni, i paesi della sponda sud-est hanno
iniziato a sfruttare questo potenziale accrescendo la loro capacità installata di energia eolica e
solare, e soprattutto annunciando, in ordine sparso, i loro ambiziosi piani nazionali per le energie
da fonti rinnovabili. Dal 52% del Marocco al 30% in Turchia all’orizzonte 2030.
Ambizioni che evidentemente devono tener conto delle differenti condizioni energetiche. In effetti i
paesi che dipendono dalle esportazioni di Petrolio e Gas hanno politiche dichiarate per le
rinnovabili più basse rispetto a quelli dei paesi di transito (vedi caso Tunisia e Marocco).
Nel suo rapporto “Renewables 2019. Market analysis and forecast from 2019 to 2024” l’Agenzia
internazionale dell’energia (IEA) ritiene che la capacità rinnovabile nella regione MENA dovrebbe
espandersi del 50% tra il 2019 e il 2024, guidata dal solare fotovoltaico che da solo rappresenta
quasi il 60% della crescita prevista, e l'eolico onshore un quarto.
Non a caso, si trova proprio alle porte del deserto del Marocco, nella zona di Ouarzazat, il più
grande impianto solare termodinamico del mondo, con una superficie di 1,4 km quadrati.
Frutto di un alleanza strategica internazionale, è soprattutto grazie alla sua stabilità politica e alle
profonde riforme in campo legislativo, finanziario e industriale che il Marocco si è conquistato una
posizione di partenariato privilegiata con l’UE. Elementi che hanno attirato importanti steakholder
privati e pubblici internazionali in campo energetico.
Ma questa parte della regione mediterranea non vive le stesse condizioni, rallentata da diversi
fattori e barriere, come il quadro regolatore non ancora adeguato, i monopoli, le difficoltà di
finanziamento dei progetti, una percezione inadeguata del potenziale e delle ricadute di questi
investimenti, la resistenza di alcune società energetiche ad accettare la transizione. Inoltre i piani
nazionali di questi paesi, vincolati alla riduzione delle emissioni co2, sono spesso legati agli aiuti
esterni dai paesi più avanzati, in primis dall’UE, maggior contributore al mondo.
E’ però una condizione che rappresenta una grande opportunità sia per un maggior impegno
dell’Europa e dei suoi strumenti, sia per spingere i paesi del Nord Africa verso l’attuazione delle
necessarie riforme.
In conclusione
Il rafforzamento della partnership e della cooperazione Euromediterranea in campo
energetico è determinante al fine di promuovere più efficacemente il rispetto dei principi
dello sviluppo sostenibile. Per l’Europa, sostenere la transizione energetica nell’area euro
mediterranea significherebbe quindi avviare nuove opportunità commerciali per le imprese
europei, con ricadute sulle altre filiere produttive come il settore agricolo, industriale e dei
servizi. Un processo che favorirebbe l’export delle tecnologie rinnovabili, garantire la
stabilità degli scambi energetici tra Nord e Sud, cosi come contribuire alla lotta al
cambiamento climatico. Oltre al peso storico-geografica, l’Italia, leader nell’economia
circolare in Europa, avrebbe tutte le chance per rilanciare il “Made in Italy”.
Migliorando l’efficienza energetica e sviluppando ampiamente le energie rinnovabili,
questa regione del Mediterraneo potrebbe contemporaneamente accrescere la sicurezza
energetica dei Paesi esportatori e ridurre i costi energetici e i rischi ambientali. L’impegno
dei paesi dell’Euromediterraneo verso la transizione energetica contribuirà ad elevare le
condizioni sociali delle popolazioni locali grazie alla creazione di nuovi posti di lavoro e al
miglioramento delle condizioni di vita.
Se il coronavirus ha avviato processi catastrofici per l’economia globale, potrebbe aver
offerto una preziosa opportunità. Sviluppo sociale e sviluppo economico sono la chiave di
volta su cui si dovrà reggere un alleanza interregionale per interconnettere gli obbiettivi di
crescita sostenibile. Un “Green Deal allargato”
Di E. El J