Le relazioni con la Turchia. È stato questo il tema più discusso, oltre alla crisi causata dalla pandemia di Covid-19, dai leader dell’Ue durante il vertice di ieri, prima delle consultazioni programmate tra i leader europei e il presidente Usa Joe Biden.
L’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha osservato che “le riforme in Turchia sono in grave deterioramento”. “La Turchia ha registrato un calo del rispetto dei diritti umani, dell’indipendenza della magistratura e dello Stato di diritto”, ha aggiunto.
Eppure, Al-Arabiya ha appreso da alcune fonti che i paesi europei sono vicini a concordare una formula per trattare con la Turchia a breve termine, nonostante il corrispondente dell’emittente televisiva abbia rivelato le severe critiche nel Parlamento europeo contro il ritiro della Turchia dalla Convenzione di Istanbul.
Alla base dell’accordo la volontà dell’Unione europea di rilanciare la Dichiarazione sulla Turchia dell’Ue del 2016, che ha ridotto drasticamente l’accesso degli immigrati alle isole greche, aggiornandone le condizioni. In base all’accordo, l’Ue si è offerta di fornire alla Turchia 6 miliardi di euro (7,1 miliardi di dollari) in aiuti per i rifugiati siriani e altri incentivi per impedire ai migranti di raggiungere l’Europa.
“Penso che dovrebbe continuare ad essere implementato e continuare a essere il quadro principale per la cooperazione nel campo della migrazione”, aveva detto Borrell la scorsa settimana.
Borrell ritiene che l’accordo abbia salvato vite umane, abbia impedito alla maggior parte dei migranti di tentare di attraversare il Mar Egeo verso isole come Lesbo e Samos e abbia contribuito a migliorare le condizioni dei rifugiati in Turchia. Ma i gruppi umanitari hanno affermato che l’accordo non ha fatto altro che creare prigioni a cielo aperto, con migliaia di persone che si trovano ad affrontare delle condizioni a dir poco squallide.
L’accordo si è interrotto un anno fa con la diffusione del Coronavirus, dopo che la Turchia, a causa del mancato sostegno dell’Unione Europea per far fronte all’invasione al confine con la Siria, ha fatto passare migliaia di migranti, scatenando gli scontri al confine greco.
Dall’incontro di ieri è emerso, dunque, che l’Unione Europea intende mettere Ankara sotto “sorveglianza” fino a giugno dopo il deterioramento dei diritti e delle libertà in Turchia, e che ogni decisione al riguardo è stata rinviata a giugno.
L’atteggiamento degli Stati Uniti sembra andare nella stessa direzione: è vero che la partecipazione al vertice del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, è volta a trasmettere un messaggio fermo e condiviso al presidente turco, e che il ministro degli Esteri, Anthony Blinken, ha dichiarato durante i colloqui di martedì e mercoledì alla NATO che “non è più un segreto per nessuno che abbiamo delle divergenze con la Turchia”. Eppure, americani ed europei si rifiutano ancora di tagliare i ponti con Ankara.
“La Turchia è un vecchio e prezioso alleato, e abbiamo un grande interesse a preservarla all’interno della NATO”, ha detto Blinken.
Da parte sua, il premier italiano Mario Draghi ha sintetizzato la posizione europea sottolineando “l’importanza di evitare iniziative che creino divisione e la necessità di rispettare i diritti umani”.
Di Laila Maher