Mila Orriols è una 18enne francese che da oltre un anno, dal gennaio 2020, subisce minacce per aver “insultato l’islam” con una Story su Instagram e vive sotto scorta. Lei stessa ha spiegato cosa è successo: “Un ragazzo ha iniziato a chiamarmi sporca lesbica (Mila ha apertamente dichiarato la propria omosessualità ndr), razzista. L’argomento è scivolato sulla religione e ho detto cosa ne pensavo. La tua religione è una mer * a” ed altro” (ha scritto un libro intitolato “Io sono il prezzo della vostra libertà”, per raccontare l’accaduto e il calvario che ne è seguito).
Da allora la vita di Mila Orriols non è più la stessa: questa ragazza ha ricevuto oltre 100.000 minacce di morte. Si è scusata per le sue pesanti affermazioni, dicendo di aver “parlato troppo velocemente” e che “l’errore è umano”, ma non è bastato. Il suo caso sta scuotendo la Francia della “laicité”, che per salvaguardare quest’ultima ha vietato il velo nei luoghi pubblici, ovviamente scuola compresa.
Mila ha persino dovuto cambiarne due (di cui una addirittura militare) per tutelare la sua incolumità. Lo ha deciso il ministro dell’Istruzione, Jean-Michel Blanquer, il quale giorni fa ha parlato contro “le forze della morte”, che minacciano la giovane. “È sola, è vessata attraverso i social da chi vuole mettere a tacere la libertà di espressione, fare tacere la democrazia, fare tacere la Repubblica”.
Mila stessa percepisce tale solitudine. In questi giorni si è chiesta dove siano gli esponenti del movimento lgbtq (per tutelare il quale c’è chi in Italia si straccia le vesti per far approvare così com’è il ddl Zan, tacciando di omofobia chi non è d’accordo) e le femministe (ma sono stati anche pochi i religiosi cattolici francesi che l’hanno difesa): “Mi hanno abbandonato. Sono vili e addicono solo scuse”, ha detto Mila. Hanno paura.
Finalmente una femminista, Tatiana F-Salamon, fondatrice e presidente dell’associazione “#JamaisSansElles” (“Mai Senza di Loro”), ha in qualche modo preso posizione, rispondendo “direttamente” alla ragazza. In una lettera aperta sulla versione web del settimanale “Le Point”, l’ha rassicurata sul fatto che non è sola, pur ammettendo che una paura (omertosa) c’è e non si può negare. “Ma – ha aggiunto – c’è una paura che dovrebbe terrorizzarci ancora di più: è la paura di tradire se stessi, la paura di tradire i nostri valori, i nostri ideali, la nostra umanità”.
Ha definito “indegno come hanno trattato Mila Orriols”: nessuno la difende “per non offendere chissà quale minoranza”. Quella islamica. “Poco importa le sue affermazioni sull’Islam e del modo in cui le ha esternate – prosegue l’attivista per i diritti delle donne – Le libertà che la legge riconosce ai cittadini devono essere rispettate”. “Se accettiamo l’intimidazione di massa e di conseguenza la sottomissione”, dichiariamo il fallimento “del nostro contratto sociale. La nostra Repubblica fondata su valori umanistici”.
E ancora: il caso di Mila “è un esempio tragico di frammentazione della nostra società (…) è evidente in Francia ci sia un problema con l’Islam, legato al nostro passato coloniale, ma non solo. L’universalismo mal interpretato può rapidamente diventare relativismo radicale. Ma non tutto si equivale, altrimenti nulla ha più valore”. Una goccia nel mare, quella di questa femminista.
Come quella della giornalista Ritanna Armeni (parlando giustamente di “razzismo sottile”) e di poche altre femministe italiane che in qualche modo si sono espresse qualche giorno fa sulla scomparsa di Saman Abbas, avvenuta quasi due mesi fa a Novellara.
Il 4 giugno scorso è iniziato il processo contro tredici persone (tra i 18 e il 35 anni e provenienti da tutta la Francia) accusate di aver minacciato di morte e praticato del cyberbullismo contro Mila. Rischiano una condanna a due anni e a 30.000 euro di multa.
Uno degli imputati aveva assicurato alla ragazza che l’avrebbe sgozzata come aveva fatto l’estremista islamico ceceno (rifugiato!) Abdoullakh Abuyezidvich Anzorov, 18 anni, con il professor Samuel Paty, 47, il 16 ottobre 2020. Insegnante di Storia e Geografia ma anche di Educazione Civica e Morale, Paty, sposato e con un figlio, ha pagato con la vita l’aver tenuto una lezione sulla libertà d’espressione, mostrando le famose “vignette su Maometto”. Anche nel suo caso la campagna d’odio era partita dal web e in particolare da un video postato dal padre di un’alunna musulmana 13enne.
L’appello di Tatiana F-Salamon in favore di Mila Orriols è stato firmato per esempio da Alexandre Jardin, scrittore, e da Irène Tolleret, eurodeputata. Il presidente francese, Emmanuel Macron, parlando dell’accusa di blasfemia rivolta alla ragazza, ha dichiarato che in Francia non c’è questo reato ed è possibile la critica alla religione.
Un’altra famosa femminista francese, Elisabeth Badinter, scrittrice e filosofa, ha espresso con forza come la presidente “#JamaisSansElles”, il proprio sdegno nei confronti del trattamento riservato a Mila Orriols (persino Segolène Royal, a sua volta notoriamente femminista, ha dichiarato che “è inaccettabile che un’adolescente priva di rispetto venga posta ad esempio della libertà di espressione”). La Badinter ha affermato che “Lei (Mila, ndr) sarebbe forse meno il simbolo della nostra impotenza se venisse difesa con decisione” e ritiene le femministe “molto silenziose in questa vicenda”. Smetteranno mai di esserci casi analoghi a quelli di questa giovanissima? Smetteremo mai d’aver ragione di chiederci (come in genere fanno occidentali conservatori di destra e non propriamente “femministi”) “Dove sono le femministe?”, quando si tratta di ingiustizie compiute nei confronti delle donne nel nome dell’islam?
Di Alessandra Boga