La sera di domenica 25 luglio (casualmente a due anni dalla scomparsa dell’ex presidente tunisino Beji Caid Essebsi e a trentaquattro dalla deposizione da parte di Zine El-Abidine Ben Ali di Habib Bourghiba, primo presidente e fondatore della Tunisia moderna) Kais Saied, attuale presidente del Paese nordafricano, ha preso una drastica ma coraggiosa decisione: sciogliere il Parlamento per 30 giorni e licenziare il primo ministro Hichem Mechichi, indipendente ma sostenuto dal partito di maggioranza Ennadha, legato ai Fratelli Musulmani (infatti Rached Ghannouchi, il capo, ha bollato come “colpo di Stato” la decisione di Saied).
È avvenuto in seguito agli scontri che si sono verificati durante la giornata per reagire contro il malgoverno in questo periodo di Covid, che aggrava la situazione economica. Il clima è per la prima volta incandescente a dieci anni dalla “Rivoluzione dei Gelsomini” che ha cacciato Ben Ali, morto due anni fa a Gedda, dov’era fuggito con la sua famiglia.
Tra i pochi in Parlamento a prendere le parti dell’attuale capo dello Stato, c’è Abir Moussi, avvocatessa 46enne leader del Partito Destourien Libre (PDL), laico, nazionalista e legato a Boughiba. Abir è stata la candidata alle presidenziali (nel 2019 proprio contro Saied) che ha ottenuto il maggior numero di voti nella storia del Paese.
La deputata, il cui partito ha (soltanto) 16 seggi contro 217 in Parlamento, ha spiegato in un video pubblicato sulla sua pagina Facebook: “Saied ha applicato l’articolo 80 della Costituzione nel modo che ha ritenuto opportuno”. L’articolo 80, precisiamolo, consente al presidente della Repubblica di “prendere misure eccezionali” in caso di “pericolo imminente che minaccia le istituzioni della nazione e il funzionamento regolare dei poteri pubblici”.
Abir Moussi ha dichiarato: “Siamo dalla parte del popolo per salvare la Tunisia dal sistema di distruzione” e ha auspicato “che la riforma sia radicale e che il risultato di quanto accaduto possa incontrare la volontà dei tunisini”.
Tuttavia ha già sottolineato che il popolo ha gradito l’azione di “Saied, perché alla fine si è sbarazzato dei Fratelli musulmani, Rached Ghannouchi e Hichem Mechichi”.
La Moussi è stata sempre contraria alla rivoluzione che ha posto fine al regime di Ben Ali e contraria ad Ennahda (aggiungiamo anche alla Turchia di Erdogan e al Qatar, mentre ritiene che la Fratellanza Musulmana debba essere bandita come “organizzazione terroristica ostile allo stato civile” e che si debbano perseguire tutte le persone che hanno collaborato con loro).
Il 30 giugno scorso è stata aggredita fisicamente in piena sessione plenaria del Parlamento da altri due deputati che accusavano il suo partito di “ostruzionismo” per la sua opposizione ad un accordo tra lo Stato tunisino ed il fondo Qatar Investment Autority. L’Onu ha condannato l’episodio di violenza contro la parlamentare, sottolineando che “questo incidente non è un caso isolato, ma segue altri recenti casi di violenza e misoginia contro donne parlamentari e più in generale di donne che lavorano negli ambienti politici in Tunisia”.
Inoltre le Nazioni Unite hanno stigmatizzato tutte le violenze contro le politiche in generale come minaccia alla democrazia e ai diritti umani.
Di Alessandra Boga