Continua a complicarsi la situazione politica e militare della Francia nelle sue ex colonie africane. Dopo gli accordi stipulati da Repubblica Centrafricana e Mali con la Russia, che prevedono forniture militari e la presenza nei due paesi africani della compagnia militare privata Wagner, il 3 ottobre l’Algeria ha chiuso il proprio spazio aereo ai velivoli militari francesi in seguito alla decisione di Parigi di dimezzare il numero di visti concessi a cittadini algerini, tunisini e marocchini, una sorta di “rappresaglia” per il rifiuto dei tre stati nordafricani di accogliere i propri connazionali giunti illegalmente in Francia e che Parigi vorrebbe espellere in quanto clandestini.
Lo stop al sorvolo dei velivoli militari francesi dello spazio aereo algerino rischia di complicare i movimenti logistici delle forze di Parigi schierate nel Sahel per le operazioni contro le milizie jihadiste (Operation Barkhane).
“Avevamo due voli previsti che però abbiamo dovuto far tornare indietro – ha precisato un portavoce militare francese, colonnello Pascal Ianni – ma non ci saranno conseguenze rispetto alle nostre operazioni militari in Sahel”.
Algeri ha richiamato il proprio ambasciatore in Francia per consultazioni mentre la settimana scorsa l’ambasciatore francese ad Algeri era stato convocato dopo la decisione di Parigi di dimezzare il numero di visti concessi.
Oltre al divieto di sorvolo del proprio spazio aereo agli aerei militari francesi, Algeri avrebbe vietato anche l’ancoraggio delle navi militari di Parigi nei porti algerini. Il sito web algerino “Mena Defense” riferisce che il Paese nordafricano ha deciso di interrompere la fornitura di carburante alle forze francesi nel nord del Mali e di sospendere tutte le attività militari congiunte, incluse quelle addestrative. Un incontro bilaterale tra i vertici militari previsto per fine settembre sarebbe stato annullato per ordine del capo di Stato maggiore della Difesa algerina, generale Said Chengriha.
A rendere più intense le tensioni tra Algeri e Parigi hanno contribuito anche le recenti dichiarazioni del presidente Emmanuel Macron sul regime militare algerino accusato di tramandare una “storia ufficiale totalmente riscritta” da Algeri.
Parlando a un gruppo di giovani di origine algerina Macron ha detto che il governo di Algeri avrebbe tramandato una storia dell’indipendenza “non basata sulle verità dei fatti ma su un discorso di odio verso la Francia”.
Macron ha precisato di non riferirsi alla società algerina “ma al sistema politico-militare che è stato costruito su questa memoria”. Il leader francese ha poi aggiunto di avere “un buon dialogo” con il presidente Abdelmadjid Tebboune, aggiungendo di vederlo “imprigionato in un sistema molto duro”.
Dura la reazione di Tebboune, che ha parlato di “un affronto intollerabile” verso milioni di algerini che sono morti combattendo contro l’occupazione francese e accusando Parigi di ingerenza negli affari interni algerini.
Il primo ministro algerino, Aimene Benabderrahmane, in visita ad Orano, ha dichiarato che “l’Algeria non accetterà mai” frasi come quelle pronunciate dal presidente francese ricordando “l’esistenza della nazione algerina prima della colonizzazione francese”.
Il 5 ottobre Macron ha cercato di allentare le tensioni. “Il mio desiderio è che si calmino le acque, meglio parlare e fare progressi”, ha detto il presidente all’emittente France Inter, definendo i rapporti con il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune “molto cordiali”.
La guerra d’Algeria continua a restare una ferita aperta per la politica francese. Nel 2012 il presidente Nicolas Sarkozy riconobbe le responsabilità della Francia nei confronti dei 200 mila militari algerini noti come Harkis (quasi un milione i superstiti e i loro discendenti che vivono in Francia) che combatterono tra il 1954 e il 1962 al fianco dei francesi contro gli indipendentisti e che vennero in parte abbandonati dopo il ritiro francese alle rappresaglie dei vincitori e in parte accolti in Francia in modo poco dignitoso.
Lo scorso 20 settembre anche Macron è tornato su questo tema spinoso chiedendo scusa agli Harkis (nelle foto sopra durante la Guerra d’Algeria) e promettendo entro l’anno una “legge di riconoscimento e riparazione” durante una cerimonia all’Eliseo a cui erano invitati circa 300 Harkis, loro familiari e discendenti.
I guai di Algeri
La crisi tra Algeri e Parigi giunge in un momento difficile per entrambe le nazioni. L’Algeria è in piena crisi diplomatica con il Marocco: dal 24 settembre ha vietato ai voli di linea del paese confinante di entrare nel proprio spazio aereo e ha annunciato la rottura delle relazioni diplomatiche. La chiusura dello spazio aereo, recitava la scorsa settimana un comunicato della presidenza algerina, entra in vigore “immediatamente” e vale “per tutti gli aerei civili e militari marocchini così come per tutti i velivoli che hanno immatricolazione marocchina”.
Le relazioni bilaterali sono difficili da decenni a causa dei 2000 chilometri di confine comune mai delineati con precisione e del sostegno algerino alla causa del Fronte Polisario che contrasta l’occupazione marocchina dell’80% del territorio del Sahara Occidentale a cui fa da contraltare il sostegno di Rabat al movimento per l’autodeterminazione della turbolenta regione algerina della Cabilia.
Gli algerini accusano i vicini di aver avuto un ruolo anche negli incendi che hanno devastato il nord del Paese
Tensioni a cui si aggiunge l’irritazione di Algeri per la normalizzazione diplomatiche fra il Marocco e Israele e a questo proposito il 4 ottobre la Marina Algerina ha annunciato di aver individuato un sottomarino israeliano classe Dolphin che spiava i test di lancio di missili da crociera Kalibr (nella foto sotto) da due suoi battelli subacquei del tipo russo Kilo (nella foto sopra).
Come riferisce l’Agenzia Nova, il sito web specializzato “Mena Defense”, approfondendo quanto pubblicato su Twitter dal giornalista russo Darko Todorovski, ha rivelato che “al largo delle coste algerine un sottomarino israeliano di tipo Dolphin ha cercato di tracciare il lancio addestrativo di un missile da crociera Club-S (Kalibr) da un sottomarino algerino ma a sua volta è stato scoperto e inseguito da due sottomarini che lo avrebbero costretto ad emergere e ad abbandonare l’area”.
L’incidente sarebbe avvenuto durante l’esercitazione della Marina algerina “Deterrenza” il 29 e 30 settembre.
I guai di Parigi
Anche per la Francia la crisi con Algeri si inserisce in un contesto già difficile che vede la presenza e la sua tradizionale influenza politico-militare nel Sahel erosa dai difficili rapporti con diverse ex colonie, minacciati anche dalla pressione cinese e soprattutto russa e dalla volontà annunciata da Macron di ridurre le forze militari impegnate nell’Operation Barkhane (nella foto sotto) contro i gruppi jihadisti aderenti allo Stato islamico e ad al-Qaeda.
Difficoltà strategiche a cui si aggiungono i rapporti tesi con Stati Uniti e Gran Bretagna in seguito alla costituzione dell’AUKUS, l’intesa militare nell’Indo Pacifico tra Londra, Washington e Canberra che ha portato l’Australia a cancellare il contratto per 12 sottomarini francesi.
A rendere il tutto ancora più critico contribuisce anche la difficile posizione del presidente Macron in vista delle elezioni presidenziali del maggio prossimo.
Infine, non può essere sottovalutata la portata della crisi tra Parigi e Algeri nell’ambito del contrasto ai flussi migratori illegali. L’iniziativa francese di rispondere al rifiuto dei paesi nordafricani a riprendersi gli immigrati illegali riducendo i flussi dei migranti regolari rischia di risultare l’unica arma di pressione dell’Europa nei confronti dei paesi di origine dei clandestini.
Un’arma che avrà un peso maggiore se esercitata simultaneamente da diversi paesi europei o se applicata dall’Unione Europea e che potrebbe venire rinforzata ulteriormente minacciando l’espulsione di migranti regolari già presenti in Europa in caso di mancata riammissione dei clandestini nei paesi di origine.
In questo contesto la Francia si conferma “apripista” dei problemi derivati dall’immigrazione fuori controllo in Europa: per prima ha dovuto e deve fare i conti con le banlieues islamizzate e poste ormai fuori dal controllo della Republique e per prima cerca di affinare armi efficaci per combattere i flussi illegali.