Nobel Nadia Murad: condanna Isis in Germania “vittoria per gli yazidi”

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Premio Nobel Nadia Murad: l'attivista
(Fonte: "Tpi")

Premio Nobel Nadia Murad: la giovane yazida irachena del Sinjar che ha vinto il Premio Nobel per la Pace nel 2018, ha dichiarato che è una “vittoria per gli yazidi“, la condanna all’ergastolo per “genocidio” in Germania di un giovane che aveva fatto parte dell’Isis. Era accusato (con la sua ex moglie tedesca, Jennifer Wenisch, condannata a dieci anni un mese fa) di aver fatto morire di sete una bambina di 5 anni. “Questo verdetto è una vittoria per i sopravvissuti al genocidio, i sopravvissuti alla violenza sessuale e l’intera comunità yazida”, ha detto Nadia. Ha definito “storica” una sentenza che riconosce come “genocidio” il massacro della popolazione irachena prima quantomeno semisconosciuta in Occidente.

Nadia, che ora a 28 anni e continua a battersi per i diritti del suo popolo, notoriamente è stata anche lei rapita e usata come schiava del sesso dall’Isis. Insieme ad oltre 6.700 donne yazide. Prima gli uomini del Califfato avevano ucciso 600 persone del villaggio della giovane, tra cui 6 suoi fratelli.

Nadia venne portata a Mosul, dove oltre ad essere stata picchiata e stuprata, venne bruciata con mozziconi di sigarette. Tre mesi dopo riuscì a fuggire, dopo che un “carceriere” si era dimenticato di chiudere a chiave la porta della casa in cui era segregata.

La ragazza chiese aiuto ad una famiglia che viveva lì vicino e grazie ad essa raggiunse un campo profughi. Poi emigrò a Stoccarda. Il 16 dicembre del 2015 Nadia Murad parlò degli yazidi al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Era la prima volta che in quella sede si discuteva di tratta degli esseri umani durante le guerre. Nel settembre del 2016 Nadia divenne la prima Ambasciatrice dell’organizzazione per la dignità dei sopravvissuti alla tratta di esseri umani. Da allora venne invitata a partecipare a diversi convegni sul tema, anche per quanto riguarda i rifugiati. E’ andata ad incontrarli e ha ascoltato le loro testimonianze.

Sempre a settembre del 2016, l’avvocata dei diritti umani Amal Alamuddin Clooney, moglie dell’attore George, spiegò all’Ufficio ONU per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC) perché aveva assunto la difesa di Nadia Murad in tribunale. Usò già il termine “genocidio” e lo definì, al pari della la violenza sessuale e della tratta, come “burocrazia del diavolo a scala industriale”. Inoltre sottolineò che i membri dell’Isis praticavano la tratta anche attraverso i social (ricordiamo i “listini prezzi” delle ragazze). Nadia, per il suo attivismo, deve vedersela ancora oggi con gli integralisti islamici per via di numerose minacce di morte.

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