Strage Istanbul: il Pkk smentisce ogni coinvolgimento

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Strage Istanbul: il Pkk smentisce ogni coinvolgimento – Ma la donna siriana arrestata per l’attentato confessa legami con la guerriglia curda. Il bilancio delle vittime è di 6 morti e 81 feriti. Ventidue le persone fermate dalle forze dell’ordine.

I militanti separatisti curdi del Pkk hanno smentito il loro coinvolgimento nella strage di Istanbul di domenica pomeriggio. In un comunicato il Pkk, considerato da Ankara un gruppo terroristico, ha sottolineato di non prendere di mira “direttamente i civili e di condannare le azioni contro i civili”.

Intanto le autorità turche hanno arrestato ventidue persone e tra questa la donna sospettata di ave piazzato la bomba che ha provocato almeno sei vittime e 81 feriti nella via dello shopping di Istiklal.

Ahlam Albashir, di nazionalità siriana, avrebbe confessato la propria colpevolezza e rivelato il legame con i separatisti curdi del Pkk/Ypg. Secondo le forze di sicurezza turche per l’attentato è stato utilizzato esplosivo Tnt. Il ministro degli Interni turco, Suleyman Soylu, ha aggiunto che l’attentatrice ha ricevuto istruzioni dal Nord della Siria, dalla provincia a maggioranza curda di Kobane.

Sotto accusa, in particolare, il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk). “La persona che ha piazzato la bomba è stata arrestata. Secondo le nostre conclusioni, l’organizzazione terroristica del Pkk è responsabile”, ha affermato Soylu in una dichiarazione notturna, trasmessa dall’agenzia ufficiale Anadolu e dalle televisioni locali.

Il ministro della Giustizia, Bekir Bozdag, aveva fatto riferimento a una “borsa” appoggiata su una panchina: “Una donna si è seduta su una panchina per 40-45 minuti, e qualche tempo dopo c’è stata un’esplosione”, ha continuato.

“O questa borsa conteneva un timer o qualcuno l’ha attivato da remoto”, ha aggiunto. Il presidente Erdogan è stato il primo a denunciare un “vile attacco”, poco prima del volo in Indonesia e del vertice del G20 a Bali. “Gli autori di questo vile attacco saranno smascherati. Che la nostra gente stia sicura che sarà punita”, ha promesso Erdogan che aveva già affrontato una campagna di terrore in tutto il Paese nel 2015-2016.

Negli ultimi anni il presidente turco ha mostrato tutto il suo acume politico mettendo in campo una grande abilità nel ribaltare a proprio favore avvenimenti che ne avrebbero dovuto minare forza e consenso. La stessa cosa è prevedibile avverra’ ora.

Con l’economia a pezzi e l’inflazione superiore all’85% e delle cruciali elezioni previste per giugno prossimo il presidente turco si ritrovava indietro nei sondaggi fino a pochi mesi fa.

Un piano di ripresa economica e il rilancio dell’immagine della Turchia sul piano internazionale, con i tentativi di mediazione tra Russia e Ucraina, ne hanno sicuramente rafforzato l’immagine, anche a livello interno.

Erdogan non ha nascosto i problemi dell’economia, ma ha sempre ripetuto che uno dei risultati ottenuti dal proprio governo riguarda la sicurezza, la fine del terrorismo e della stagione della bombe che aveva drammaticamente caratterizzato il biennio 2015- 2016.

L’ultimo attentato su suolo turco aveva infatti avuto luogo nella discoteca Reyna di Istanbul, firmato dall’Isis: avvenne poco dopo la mezzanotte del 31 dicembre 2016 e costò la vita a 39 persone.

La fine del terrorismo aveva rappresentato per la Turchia l’inizio di una lentissima ripresa del turismo, culminata con un record di presenze quest’anno, durante una stagione iniziata a marzo e che era ancora in corso al momento dell’esplosione di domenica: ossigeno puro per un settore che da solo in passato ha rappresentato quasi il 15% del Pil nazionale e che garantisce introiti in moneta straniera necessari a dare slancio alla moneta turca, la lira, che ha perso il 50% del proprio valore tra il 2021 e il 2022 e che negli ultimi mesi si era stabilizzata, pur senza recuperare terreno.

Ora è prevedibile che l’attentato di ieri avrà ripercussioni su entrambi, la valutazione della moneta e l’industria del turismo. Allo stesso tempo la reazione di Erdogan, nella conferenza stampa prima della missione G20 a Bali, ha lasciato intendere che non si faranno sconti, sopratutto dopo che il leader turco ha sempre avuto nella sicurezza il proprio cavallo di battaglia.

Con l’attentato Erdogan ha un’argomentazione in più per giustificare la crisi economica e porsi come la panacea del male che affligge la Turchia. Un’operazione politico-mediatica facilitata dall’opposizione, impantanata in un eterno dialogo per la scelta di un candidato che ancora non c’è, mentre l’Akp del presidente è di fatto in campagna elettorale da due mesi.

È quindi prevedibile che anche gli strascichi di questo attentato diventino argomento per corroborare un consenso che fino a qualche mese fa era zoppicante ed altrettanto prevedibile che Erdogan ne uscirà più forte.

Agi

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