Intervista a Francesco Barone, pronto per la sua 57esima missione umanitaria in Africa
E’ prossimo alla sua 57esima missione in Africa. Ancora una volta in Congo. Quali sono gli interventi che intendete realizzare?
L’intento è quello di dare continuità a ciò che abbiamo avviato da tempo. Intervenire con la consegna di alimenti, medicine e vestiti negli orfanotrofi, favorire le cure sanitarie a tutti coloro che vivono in condizioni di emarginazione economica e sociale. Rinforzare i rapporti con le famiglie vulnerabili che vivono nei quartieri più poveri e periferici della città di Goma. Intervenire con aiuti concreti nei confronti dei bambini di strada e degli ex bambini soldato.
Avete già realizzato una scuola. Ora sono stati avviati i lavori per ampliarla. Quali sono le vostre aspettative?
Da oltre un anno, circa 80 bambini frequentano il Centro Kwetu. Una realtà molto significativa del quartiere Mugunga. I bambini che frequentano la nostra scuola appartengono a famiglie poverissime. Non avrebbero avuto alcuna altra possibilità di accesso all’istruzione. Il contesto in cui vivono è lacerato da sofferenze, pertanto, l’obiettivo non è soltanto quello della scolarizzazione, ma anche quello di migliorare i livelli di socializzazione e di integrazione. Togliere i bambini dalla strada significa evitare agli stessi l’esposizione a rischi che tale condizione comporta. Con l’ampliamento della struttura, altri 70 bambini potranno frequentare la scuola. Per noi è un risultato importantissimo.
Qual è l’attuale situazione nel Nord Kivu e a Goma?
E’ noto che il conflitto del Nord Kivu è tra i più tragici edimenticati nel mondo. Negli ultimi mesi, gli scontri tra i ribelli M23 (Movimento del 23 marzo) e l’esercito regolare congolese stanno provocando una escalation di violenze. Rapimenti, reclutamento e utilizzo di minoridurante gli attacchi, violenze sessuali e torture, stanno caratterizzando il territorio posto nella parte Nord orientale della Repubblica Democratica del Congo. Nella città di Goma, ovviamente, si avverte la tensione derivante da questa condizione di instabilità. In città, nonsono mancate manifestazioni, in alcuni casi molto “accese”da parte degli abitanti, stanchi di questa guerra infinita.
Ha paura?
La paura accompagna quasi sempre questi viaggi. Fortunatamente sono maggiori i momenti di serenità e tranquillità. E’ l’autentica relazione e condivisione con gli abitanti/amici del posto che mi aiutano a superarla.
Pensa che un giorno finirà tutto questo?
Non si può essere che ottimisti. La speranza è che questi conflitti siano risolti attraverso concrete azioni distensive e di pace. Il Nord Kivu è un territorio ricco di materie prime, per questo, sono molti i “bassi appetiti” da parte di numerose persone senza scrupoli. Ogni guerra è distruzione di case, ospedali, scuole, monumenti. E’ il fallimento del ragionamento. I conflitti spezzano le vite umane. Umiliano gli esseri umani. In questo mondo sempre più diviso e meno condiviso, stiamo diventando estranei a tutto, anche a noi stessi. Tendiamo a spostare lo sguardo da un’altra parte, fino a quando il problema non ci interessa direttamente. Ci sarebbe una terapia a tutto questo. Concentrare la nostra attenzione sulla prospettiva etica dell’interumano e dell’essere per l’altro. Ovviamente, a cominciare dai Governi.
Redazione