Terremoto Turchia-Siria: i sopravvissuti “È come se fosse la fine del mondo”

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“È come se fosse la fine del mondo“: queste le poche parole rese da Mohamad Kazmooz, residente a Idlib, nella Siria nord-occidentale, che ha raccontato al Guardian di essere fuggito con la sua famiglia nel buio dell’alba, mentre il terremoto scuoteva la citta’.
È solo una delle testimonianze dei sopravvissuti del terribile sisma della notte scorsa. Intanto in tutta la Turchia e la Siria, migliaia di operatori di ricerca e soccorso, vigili del fuoco, medici, soldati e civili stanno lavorando per trovare e salvare i sopravvissuti.
Abbiamo visto crollare un edificio con tutti i suoi abitanti, che in precedenza era stato oggetto di bombardamenti durante la guerra civile, da parte delle forze russe e del governo siriano” racconta un altro superstite. “Tutte le persone intorno a noi si sono riversate per le strade in preda alla paura e al panico, sono uscite solo con i vestiti che avevano addosso e hanno lasciato le loro case e i loro averi”.

Nonostante l’inverno pungente e rigido della Siria, Kazmooz riferisce che secondo le sue stime l’80% della popolazione di Idlib ha troppa paura di tornare nelle proprie case, temendo che crollino per i danni già subiti o che vengano abbattute da ulteriori scosse di assestamento.

-“Io e la mia famiglia stiamo in una fattoria dormendo sotto gli ulivi, per paura che gli edifici crollino. Tutti sono per strada, nessuno intorno a m è riuscito a tornare a casa per dormire“.

Secondo altri sopravvissuti, la maggior parte degli ospedali e dei centri medici non riescono ad accettare altri pazienti, a causa del numero spropositato di morti e feriti.
Nella città di confine di Jindires, Ali Batel ha implorato aiuto dalle rovine del suo ex villaggio. “La mia famiglia, i miei figli, sono ancora sotto le macerie. Non c’e’ nessuno che li salvi, non ci sono operatori di supporto, non c’è sostegno o comunicazione, non c’è nulla”, ha raccontato al Guardian. “Sentiamo rumori, voci qua e là ma il più delle volte niente. Non c’e’ nessuno che li salvi, non c’e’ sostegno. Dove sono i Paesi del mondo? Perché non sono venuti ad aiutarci? Ci è capitato un disastro”.
Osama Abdel Hamid, un altro sopravvissuto in Siria, ha raccontato che la sua famiglia stava dormendo quando è iniziata la scossa. “Le pareti sono crollate su di noi, ma mio figlio e’ riuscito a uscire”, ha raccontato. “Ha iniziato a urlare e la gente si è radunata intorno, sapendo che c’erano dei sopravvissuti, e ci hanno tirato fuori da sotto le macerie”.
I residenti hanno sollevato le macerie delle loro ex case e hanno portato alla luce la famiglia.

Ad Adana, a più di 350 chilometri a ovest, i soccorritori e i civili hanno trascorso la notte a spostare pezzi di cemento e masserizie attraverso montagne di macerie, alzando a mano tonnellate di rottami nella disperata ricerca di sopravvissuti.
“Qualcuno mi sente?”, hanno gridato i soccorritori tra le macerie.

Nella provincia turca di Kahramanmaras che è stata l’epicentro del terremoto, circa 20 persone, alcune delle quali indossavano giubbotti di emergenza, hanno usato seghe elettriche per scavare uno spazio che permettesse a eventuali sopravvissuti di uscire o di essere salvati. In seguito, gli escavatori si sono uniti agli sforzi mentre i riflettori illuminavano i rottami.
Una vera corsa contro il tempo, e anche contro il freddo: si teme che i sopravvissuti sotto le macerie possano morire di ipotermia.

Agi

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