La crisi del modello svedese

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La crisi del modello svedese – All’estero è visto come esempio, ma in patria è criticato per avere prodotto ghetti dal forte tasso di popolazione sussidiata.

Con 10 milioni di abitanti, per  oltre il 20% di origine straniera, la Svezia si è sempre fatta vanto della sua multiculturalità e del suo modello di integrazione. Un sistema di accoglienza basato su un generoso welfare che garantisce alloggi, accesso alla sanità e all’istruzione, all’indennità di disoccupazione e ad altri sussidi.

Ma se all’estero molti guardano ancora al Paese come ad un esempio, in patria il sistema è in profonda crisi. I critici sostengono che abbia creato realtà sociali parallele e segregate, con intere aree popolate solo da stranieri, che beneficiano degli aiuti senza contribuire a creare un benessere condiviso.

Sono definite “aree vulneralibi”:  hanno un alto tasso di disoccupazione, un basso livello di istruzione medio e un alto numero di nuclei familiari dipendenti dallo Stato. Sono terreno fertile per la criminalità, che negli ultimi due anni ha dato vita a guerre tra bande di una violenza estrema. Gli scontri non hanno risparmiato la capitale Stoccolma, dove si trovano delle 60 aree.

Cinzia Rigamonti ed Emilio Romeo ne hanno visitate due – Husby e Rinkeby – accompagnati dal giornalista e scrittore svedese Lars Åberg.

rsi

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