Scuola e pandemia a un anno dalla diffusione del virus

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È passato un anno dall’inizio della pandemia di Covid-19; in 12 mesi i bambini e gli adolescenti di tutto il mondo sono passati da una scuola in presenza a una scuola online. 

La scuola italiana non deve essere mai lasciata sola, non solo in questa circostanza , poiché rappresenta il futuro di una nazione. I diversi rischi di contagio e le differenti scelte amministrative, al momento, hanno creato differenze tra le città italiane. La pandemia che lo scorso anno ha costretto gli studenti a interrompere bruscamente la loro presenza a scuola tre mesi prima della conclusione dell’anno scolastico, è tutt’ora in corso. Ci sono ancora studenti in difficoltà, privi di ogni strumento necessario per studiare a distanza e il mondo politico non ha ancora provveduto in modo adeguato.

Certamente non è facile decidere cosa sia giusto e cosa sia sbagliato fare in questo momento, ma si sarebbe dovuta semplificare la burocrazia, puntando sul necessario, ad esempio le competenze da acquisire. Con una pandemia in corso:

  • è necessario far svolgere gli esami finali alla fine di ogni ciclo (seppur in modalità semplificata)?;
  • è necessario far svolgere le prove Invalsi agli alunni della primaria, secondaria di primo e secondo grado (poi annullate all’ultimo secondo)?;
  • è necessario procurare ansia agli studenti? Ansia che dallo scorso anno è aumentata tra gli studenti: dalla primaria fino all’università.

Anche la scuola, come ogni settore, risente delle incertezze su ciò che si deve fare, sull’incertezza dei collegamenti, sull’incertezza legata alla salute. La chiusura della scuola, ha obbligato i docenti di ogni ordine e grado ad attivare la DAD (Didattica A Distanza), senza la quale non ci sarebbe stata la scuola. Molti docenti, sottraendo del tempo da dedicare alle loro famiglie, nonché soldi, hanno portato avanti la loro professione nel migliore dei modi (connessione e pc personali). La professione del docente, dall’era della Gelmini a tutt’oggi è poco valutata. Eppure la scuola vive solo se si mantiene la relazione tra studenti/docenti/personale scolastico/famiglie. Ognuno con il suo ruolo e la sua specificità.

Il pericolo è che questa situazione di pandemia, per l’ansia e la paura che genera, spezzi questa relazione causando danni irreparabili. Dentro queste condizioni, che genera precarietà, è necessario consolidare le esperienze positive, passate e presenti. Che utilità è apportare modifiche così repentine come la nuova valutazione della scuola primaria? Abbiamo veramente questa urgenza? O è l’ennesimo cambiamento che nasconde altre urgenze vere? Ogni ministro nuovo, cambia qualcosa del suo predecessore, aggiungendo del suo, senza pensare se si procurano danni e comunque questo genera una frattura a discapito in primis degli studenti, poi dei docenti e infine delle famiglie. Questa situazione fa emergere una domanda fondamentale sul ruolo della scuola e quindi dei suoi componenti nella società attuale: che funzione ha la scuola? Qual è il ruolo del docente a cui si chiede spesso di fare altro oltre che “insegnare a leggere, scrivere e far da conto…”; deve essere psicologo, dottore, poliziotto postale e genitore? 

Sono convinta che con l’introduzione dei vaccini ci sia la speranza che si possa vincere la battaglia contro il virus e che si possa tornare in presenza in una scuola più sicura. 

Per il futuro mi auguro:

per i docenti: maggiore considerazione, meno burocrazia, più semplicità nell’organizzazione, più fondi da investire subito a tutto il comparto scuola pubblica e paritaria;

per gli studenti: aule accoglienti polifunzionali e igienizzate, attività extrascolastiche che rispettino gli interessi dei giovani, in modo da ridurre la dispersione scolastica;

per le famiglie: maggior dialogo, coinvolgimento al fine di conoscere meglio il proprio figlio in un contesto non famigliare. La situazione creata dalla pandemia ha, difatti, messo in evidenza la necessità di una maggiore responsabilizzazione di tutti i componenti della scuola e di una necessaria comunicazione. 

I giovani devono essere messi al corrente su ciò che accade in questo momento in modo semplice, chiaro e senza allarmismi, per essere uniti e partecipi, così da comprendere l’importanza dell’uso della mascherina, della distanza tra persone, dell’igienizzazione delle mani (quest’ultima una volta veniva insegnato in famiglia già da piccoli, dovrebbe essere così anche ora…), restare a casa quando si deve, come senso civico e di appartenenza comunitaria. 

Da marzo del 2020, siamo diventati tutti un pochino più tecnologici: internet, la TV diventano quasi necessari per contattare i parenti lontani, la scuola, gli amici. 

Spesso noi adulti ci isoliamo nel nostro lavoro, senza pensare a chi ci circonda.

È vero che la pandemia mette alla prova le famiglie e le comunità, quindi dedichiamo maggior tempo agli affetti mantenendo vive le relazioni in famiglia e con gli amici (anche se virtuali) perché è un bene prezioso. 

Prof.ssa Elisabetta Caprini

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