La violenza di un individuo contro l’altro è un atto deplorevole, che supera ogni limite etico, morale, civile e soprattutto cancella, spesso in modo indelebile quello che è uno, anzi il primo diritto umano, al di là del credo religioso e politico, della parità tra gli esseri viventi. Il tutto assume un colore più nero se l’oggetto della violenza sono esseri più fragili, e non solo fisicamente.
Essere violento con una donna è indice di una fragilità di essere, di deviazione mentale che non è accettabile né immaginabile da parte dell’uomo. Non si tratta solo di una sopraffazione dei più elementari diritti umani, la libertà paritaria, ma raggiungendo espressioni di deviazioni mentali che spesso disegnano precisi quadri psicopatologici. Chi esercita violenza contro le donne è un essere malato, un essere incapace di controllare i propri atti e spesso uno sfogo contro una mancata accettazione di sé stesso come essere umano.
I violenti sono spesso vigliacchi, non forti, coraggiosi e dominatori come si credono di essere.
È facile picchiare una donna. Non infrequente il dato che per essere violenti spesso, questi esseri vigliacchi fanno ricorso all’alcol o altre sostanze per cercare di affogare la sensazione di inadeguatezza civile e di fragilità interna.
È un atto inaccettabile, soprattutto se l’oggetto della violenza è la donna che hai scelto come compagna di vita, con un disegno finalizzato alla costruzione. Gli atti violenti contro le donne hanno un effetto distruttivo, in cui viene a mancare la base del progetto condiviso di vivere assieme e costruire quello che è alla base di tutte le civiltà degne di questo nome: la costruzione di una famiglia, fulcro centrale della società e perpetuazione della specie con nascita di figli. Spesso le motivazioni sono solo sospetti, non hanno una base reale e prese come spunto per esprimere la rabbia contro se stessi, facendo male all’altro. A volte basta poco per far scattare una violenza inaudita, una parola fuori posto, un vestito che secondo l’aguzzino è troppo osé, ma le motivazioni potrebbero essere infinite, sì perché magari anche un raggio di sole potrebbe irritare chi non ha più il senso della vita.
Il marito/compagno/padre padrone ha bisogno di appoggi psichiatrici, non solo della nostra denigrazione. Sono malati e fanno della loro malattia, non accettata, scudo per “violentare” non solo fisicamente, ma psicologicamente la donna o il bambino chicchessia.
Il lockdown che abbiamo vissuto, e che stiamo vivendo, ha indubbiamente amplificato i disturbi psicologici di uomini fragili, incapaci di introspezione e di esternalizzare le proprie ansie e paure. Sono aumentati in maniera esponenziale i casi di violenza contro le donne nell’ambito familiare, sono aumentati i casi di omicidi tra le mura domestiche con le donne come target della violenza inaudita di uomini malati. I dati Istat riportano che le violenze domestiche sono più che raddoppiate.
Abbiamo il dovere di lottare senza tregua contro il sopruso, ovunque si annidi, tra le mura domestiche o tra le strade. Per la difesa di chi ne è vittima, non bisogna mai smettere di lottare. Essere vicini alle associazioni che sono in prima linea sul campo e cercano di trasformare l’orrore della violenza in una nuova vita di speranza.
Acmid-Donna Onlus, che ha come obiettivo quello di aiutare le donne vittime di violenza e abusi, lavora purtroppo 365 giorni l’anno, senza se senza ma, perché a volte intervenire immediatamente può salvare una vita. Aiuto e protezione necessari a tutte le donne che purtroppo da sole non riescono a farlo, dona loro una dignità calpestata e non le lasciano più in balia della follia spesso non evidenziata nella persona in cui hanno creduto e affidato la propria vita. Anche l’Europa deve investire ancor di più in prevenzione e lotta contro la violenza di genere. Non solo i virus e i tumori uccidono, anche la violenza uccide e le vittime meritano giustizia. Le persone violente vanno denunciate alle prime avvisaglie e sottoporli a trattamenti psicoterapeutici con allontanamento obbligatorio per il tempo necessario dal nucleo di convivenza. La parola violenza dovrebbe scomparire dal nostro lessico, e soprattutto bisognerà lottare affinché non ci sia solo una settimana all’anno dedicato alla violenza contro esseri più fragili, ma la lotta dovrà essere quotidiana.
Di Luigia Aristodemo