La rabbiosa esternazione di Beppe Grillo riguardante il figlio, coinvolto con altri tre ragazzi in un caso di presunto stupro avvenuto nell’estate 2019 in Sardegna, e che avrebbe spettacolarizzato un accaduto già di per sé terribile, mi pone davanti a due questioni.
La prima riguarda proprio la pubblicazione di un video con intento protettivo da parte di un genitore con un forte potere mediatico, che dipinge i ragazzi come “quattro coglioni”, a me appare come un ennesimo atto di violenza all’interno di una situazione già violenta. Irrompe infatti in modo poco rispettoso nei confini emotivi delle persone a cui viene rivolto (vittime/carnefici), inoltre dal volto e nelle parole dell’ex comico, non traspaiono tristezza o dolore; la difesa dei presunti colpevoli, avviene attaccando e colpevolizzando brutalmente la presunta vittima. Proteggere significa scendere dal palco e spegnere i riflettori, pensare al bene altrui, lasciare che se mai vi sarà un processo, tutto si decida all’interno delle sedi deputate.
L’altra questione concerne la posticipata denuncia da parte della parte offesa, che a detta di Grillo, trascorsi otto giorni dai presunti fatti non risulta più credibile. Non è accettabile il dramma di uno stupro, ancora peggio giudicare chi non denuncia immediatamente. Questo atteggiamento viene definito “victim blaming”, ossia colpevolizzazione della vittima, e questo purtroppo è uno dei motivi per cui tante donne non denunciano la violenza. Da un punto di vista psicologico, le ricerche ci dicono che i tempi per elaborare il trauma subìto sono variabili e possono dipendere da numerosi fattori: l’età, il proprio carattere, la propria sensibilità, il proprio retaggio culturale ed educativo. Una vittima di stupro spesso si vergogna, prova un senso di colpa e addirittura si sente responsabile del reato subito, risulta quindi ignobile sottolineare e porre l’accento proprio su questioni tanto delicate e personali. La nostra mente, inoltre, per difendersi da traumi importanti, spesso tende a negarli e nasconderli. Se poi consideriamo il fatto che la presunta violenza è avvenuta contestualmente all’assunzione di alcool, occorre ancora più tempo affinché si prenda coscienza dell’accaduto. A tal proposito, l’ordinamento giuridico italiano, prevede che la vittima possa sporgere querela entro ben sei mesi dai fatti, allo scopo di permetterle l’elaborazione del trauma.
Grillo parla da padre, ma nel suo delirio offende chi denuncia e calpesta anni di battaglie per i diritti delle donne, tracciando un solco culturale da cui tutti noi dobbiamo prendere con forza le distanze.
Di Adriana Aiello