Incidenti mortali sul lavoro. Quelli in cui non c’è un diretto responsabile. Le morti bianche. Le zone rosse, l’allarme arancione, il codice giallo. Un uso sapiente dei colori per indicare tragedie. Colori a piacere, a secchiate ma il loro nome è sempre lo stesso: tragedia. Una o più vite che, anche senza responsabilità diretta, sono spente da un accidente.
Succede con una frequenza impressionante: nei primi tre mesi del 2021 sono arrivate all’ Inail 185 denunce di infortunio mortale. Confrontiamo? Confrontiamo pure: Le morti COVID segnalate da inizio pandemia fino al 31 marzo sono un terzo, la terza parte dei decessi sul lavoro segnalati all’Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro. Notiziona. Dibattiti, sproloqui, sentenze, decisioni, dichiarazioni. Tutta la declinazione del verbo Vaccinare, ovviamente anche in forma riflessiva. Obbligo, non obbligo, si muore, non si muore. Energie economiche senza pari, e media che esplodono di dati più o meno allarmanti. Eppure. Ohibò, si muore, e tanto, anche non di malattia. Persone giovani, sane, comunque ancora in età da lavoro, terminano i loro giorni mentre lavorano, e per cause non legate ad alcuna patologia sanitaria. Incidenti. Gravissimo.
2021: l’anno del Recovery Fund e delle conseguenti trasformazioni, dell’ecologia massima, l’anno della ripresa del mondo verso una civiltà più evoluta. Mentre i pulviscoli atmosferici applaudono per la liberazione dalle esalazioni degli idrocarburi, e inneggiano alle auto ad alimentazione elettrica, i ghiacciai fanno la ola per la rinnovata attenzione al loro scioglimento, e la plastica recita il proprio requiem, dall’INAIL il dato agghiacciante: 306 morti sul lavoro nel primo quadrimestre del 2021. Il 9,3% in più rispetto allo stesso periodo del 2020. Nell’intero 2019 si denunciarono 1.156 infortuni mortali sul lavoro. Con questo ritmo a fine 2021 ci sarà grosso modo lo stesso numero di morti che si era verificato nel 2019. Inorridiamo pure. L’unico dato che ci riporta alla situazione pre pandemia. Sembra un macabro scherzo. Non lo è. Poca allegria.
Laila El Harim è morta a Modena schiacciata da una macchina fustellatrice. A Brescia 16 morti sul lavoro dall’inizio dell’anno. Campania e Puglia vincono il triste scettro di regine dell’insicurezza sui luoghi di lavoro. Il fenomeno non ha alcuna caratteristica regionale. Anche a Saint Rhemy En Bosses, in Valle d’Aosta, l’otto giugno c’è stata la morte di un operaio che stava lavorando alla centrale elettrica, da inizio 2021 ben 17 morti in Piemonte. Una strage lunga quanto la penisola. Il male è comune a tutta l’Italia ma c’è ben poco, anzi nulla, da godere.
Le vittime spesso sono lavoratori esperti. Misure di sicurezza osservate, osservate poco, all’avanguardia, di generazione superata, scegliere a piacere prego. La casistica varia e, per quanto lo sdegno sia immenso, è molto difficile trovare una formula universale per azzerare questi episodi terribili. La sicurezza sui luoghi di lavoro è regolata dalla legge 81 del 2008, DVR, DUVRI e P.O.S. sono documenti imprescindibili da ogni ambiente lavorativo. Nei bandi di gara c’è una quota d’importo, non soggetta a ribasso, che è specificamente destinata alla sicurezza. Dov’è l’errore. Cosa c’è che non funziona. La formazione è continua per controllori e controllati. Eppure si continua a morire. Laila, l’operaia morta a Mantova era esperta, dicono i media. Il conto proprio non torna. Non solo pivelli inesperti ma anche esperti lavoratori con anni di pratica all’attivo. Si invocano leggi, punizioni, sanzioni.
Con la sacrosanta pace degli esperti di diritto accontentandoci, si fa per dire, del mare di leggi che abbiamo già agli atti, basterebbe fare un giro, da Trieste in giù, tra i cantieri aperti nelle città. Caschetti sulle teste: certo, ma magari non allacciati, scarpe antinfortunio: ai piedi non perfettamente chiuse, unguantosiunguantono, cuffie antirumore ma anche cuffiette di musica, infinito il repertorio di piccole infrazioni che nessuno corregge. Sorvegliare l’osservanza delle norme di sicurezza è uno dei due veri metodi per limitare gli incidenti. È un lavoro molto impegnativo che crea subito il nemico da aggirare in un ambiente lavorativo. Il secondo è, come sempre, la comunicazione. Se Il responsabile della sicurezza in un ambiente lavorativo è presentato come lo sceriffo, la spia o il professore che mette impreparato e poi ti caccia, lo scopo del gioco percepito nell’ambiente di lavoro sarà quello di eludere il controllo. Paletta rossa. La proiezione continuata, sul luogo stesso del lavoro, degli incidenti e degli effetti che specificamente, ambiente per ambiente, possono verificarsi, lavorerà sull’inconscio del lavoratore che sarà il primo a volersi proteggere senza aspettare il consiglio del sorvegliante. La vita è la nostra ed ognuno deve difendere la propria, i propri arti, la propria integrità fisica. Questo deve essere il messaggio. Lo stesso della campagna antifumo, anti AIDS ecc. PubblicitàProgresso batti un colpo. Siamo la società della comunicazione, ce lo ricordano ad ogni piè sospinto. Comunichiamo bene allora. I mezzi non mancano, i risultati verranno.
Di Fabiana Gardini