Russia e Ucraina: guerra, finanza e criptovalute – Le bombe continuano a cadere in Ucraina ed il dramma umano è sempre più evidente, dimostrando una barbarie non certo degna del XXI secolo, nel quale ci si aspetterebbe che le battaglie fossero combattute nel metaverso ed in modalità solo virtuali, magari con conseguenze anche devastanti sul piano sociale ed economico, ma senza spargimento di sangue umano.
Sembra quasi anacronistica la corsa agli armamenti e l’accelerazione sulle spese militari, condannata duramente da Papa Francesco. Se da una parte ha sempre una sua validità il noto detto “si vis pacem para bellum”, attribuito a Publio Flavio Vegezio Renato, per cui appare giustificato considerare questione di sicurezza avere un arsenale tale da costituire deterrente per eventuali attacchi esterni, dall’altra la china che sta prendendo l’umanità è estremamente pericolosa e sembra una vera e propria regressione rispetto al progresso tecnologico e digitale che sta facendo passi da gigante di giorno in giorno e che già oggi fa apparire fucili e cannoni come strumenti preistorici rispetto ai sistemi di hackeraggio ed ai
virus informatici che possono mettere in ginocchio anche il Paese che ha le più potenti armi nucleari.
Ha ragione il Santo Padre quando dice che serve “un’altra impostazione, un modo diverso di governare un mondo ormai globalizzato”. Ma il grande dubbio, in questo momento in cui si è in presenza di una crisi acuta con il focolaio ucraino, è se non sia, con grande amarezza, necessario ricorrere ad un tristissimo maggiore armamento per fermare questa crisi acuta per poi ragionare sulla governance mondiale, ponendo in atto quella cura di cui l’umanità ha tanto bisogno.
Certo che se ci fosse maggiore ragionevolezza da parte di tutti si potrebbe subito passare alla cura definitiva senza quella per la fase acuta,
con notevoli risparmi per le nostre disastrate casse.
Comunque la dura realtà è che i soldati di entrambe le parti e molti civili ucraini sono morti e continueranno a morire fin quando la ragione non prevarrà, ma parallelamente si sta giocando una partita molto più subdola, quella economico finanziaria.
Le sanzioni economiche non sembrano funzionare più di tanto per quanto l’occidente europeo è legato alle forniture energetiche russe, infatti il rublo, crollato all’inizio della guerra, sta velocemente risalendo.
La mossa di Putin di pretendere il pagamento del gas in rubli ha il chiaro intento di rafforzare la propria moneta costringendo gli acquirenti a rifornirsi di detta valuta, anche con una notevole lievitazione dei prezzi, e temo che il conto sarà sempre pagato da noi cittadini utenti finali.
E’ vero che esistono i contratti che prevedono anche la valuta di pagamento, tanto che il consigliere economico di Palazzo Chigi Francesco Giavazzi non ha atteso a, giustamente, dichiarare che “farsi pagare in rubli sarebbe un modo per aggirare le sanzioni, quindi penso che continueremo a pagare in euro”; ma siamo così sicuri di trovarci in una condizione di forza?
Certo da un punto di vista strettamente giuridico non possono esistere dubbi, è ovvio che la pretesa di Putin potrebbe valere solo per i nuovi accordi e non per quelli in essere, ma se comunque insistesse?
La naturale conseguenza sarebbe la risoluzione dei contratti per inadempimento del fornitore, ma resteremmo senza gas e non ce lo possiamo permettere. Insomma un bel pasticcio.
Altro fronte, sul quale poca attenzione si è soffermata, è quello delle criptovalute. Tali sistemi di pagamento sono di grande aiuto per eludere le sanzioni dell’U.E. e degli U.S.A. ed hanno caratteristiche tali da rappresentare anche possibili beni rifugio.
La guerra, per assurdo, sta creando un’accelerazione nell’utilizzo e nella regolamentazione delle criptovalute, tanto che l’Ucraina sta ricevendo molte donazioni da ogni parte del mondo con tale sistema, che ha prontamente legalizzato, ed anche la Russia è in procinto di dotarsi di una specifica normativa.
Non è un caso che il 14 marzo scorso l’Economic and Monetary Affairs Committee abbia approvato il c.d. Regolamento MiCA (Markets in Crypto-Assets) sulla supervisione, la protezione dei consumatori e la sostenibilità ambientale dei crypto-asset, comprese le criptovalute come i bitcoin.
Stefan Berger, membro del Committee, ha dichiarato: “Adottando il Regolamento MiCA, il Parlamento europeo ha aperto la strada a una cripto-regolamentazione favorevole all’innovazione in grado di fissare standard in tutto il mondo. Il regolamento, così come lo si sta elaborando, è pionieristico in termini
di innovazione, protezione dei consumatori, certezza del diritto e la creazione di strutture di vigilanza affidabili nel campo dei crypto-asset.”
Si tratta di un passo importante verso il futuro e, per assurdo, la guerra lo ha accelerato, così come il Covid ci ha reso tutti più tecnologici e la digitalizzazione del Paese ha fatto un salto in avanti notevole.
La domanda che mi arrovella è: abbiamo bisogno proprio di catastrofi per svegliarci da un torpore sociale sempre più presente ed impegnarci per migliorare?
Non voglio proprio crederci, ma in una società che ha nel reddito di cittadinanza uno dei suoi principali fondamenti, il pericolo è reale.