Difficilmente la politica italiana si è trovata in una situazione così complicata e confusionaria, tanto da indurre il nostro Presidente del Consiglio a rientrare anticipatamente in patria nel bel mezzo di un importantissimo vertice internazionale, come quello della Nato a Madrid, il tutto con in corso una guerra che lambisce i nostri confini UE. Fatto questo che, di certo, qualunque sia il reale motivo, non ci ha fatto fare una magnifica figura davanti agli altri partner dell’alleanza.
Le fibrillazioni all’interno della maggioranza sono evidenti ed i risultati dei ballottaggi non hanno fatto altro che confermare una situazione che necessita quanto mai di una chiarificazione e semplificazione del quadro politico nazionale, soprattutto dopo la certificazione del crollo del M5S e la sua contestuale scissione, che, con ogni probabilità, porterà alla irrilevanza nel prossimo parlamento.
Nonostante una, obiettivamente, poco giustificata soddisfazione del PD per una pretesa vittoria, visto che i numeri non dicono esattamente questo, è evidente che il centrodestra, per le sue divisioni interne, si è dimostrato incapace di vincere in alcune importanti città, prima fra tutte Verona, pur avendo sulla carta una chiara maggioranza nei consensi.
Non occorre scomodare gli esperti sondaggisti per capire come, in questo momento storico, il gradimento dell’elettorato nei confronti del centrodestra sia maggiore rispetto a quello dell’altra metà campo, anche e soprattutto considerando il consistente astensionismo, visto che storicamente gli elettori di sinistra sono più diligenti nel recarsi a votare e considerato che i litigi interni nel centrodestra creano disamore nel suo elettorato che è, pertanto, ancor più incline a disertare le urne.
L’emergenza, quindi, per quella parte politica, ma direi per il Paese tutto che necessita di due chiari campi ben distinti per una sana alternanza, è mettere punto alle divisioni, quello che è stato è stato, e guardare al futuro dando prevalenza a ciò che unisce e mettendo in campo regole certe che non siano mirate a favorire un partito piuttosto che un altro, ma che diano la migliore offerta possibile al proprio elettorato, ma direi ai cittadini tutti.
Sta finendo, fortunatamente, l’era del partito di una persona sola al comando, una che prende i voti e gli altri che devono solo gestire il potere che viene da essi, il che crea solo corti celesti dove i migliori vengono spesso messi da parte, perché “pensano” e possono essere critici, ma generano ricchezza di contenuti e, in molte occasioni, possono evitare errori. Un leader di grande visibilità ed autorevolezza è certo necessario, soprattutto nell’era della comunicazione, ma deve essere parte di una squadra ed avere una classe dirigente, che possa essa, e non solo il capo, godere della fiducia dei cittadini, questo è il vero antidoto all’astensionismo.
In questo solco ritengo sia da individuare la vera soluzione dei problemi del centrodestra.
In detta area politica, diciamolo francamente, le divisioni non sono date dalle linee di pensiero, dalle ideologie, dai programmi e dai fondamenti etici, che sono sostanzialmente comuni, sia pur con sfumature diverse che creano ricchezza di dialettica e difficilmente spaccature, ma esse emergono soprattutto quando devono essere attribuite le più rilevanti candidature come quelle dei Sindaci e Presidenti di Regione nonché nei collegi uninominali sicuri, insomma quando bisogna mettere degli uomini o delle donne nelle istituzioni, quando, quindi, bisogna scegliere la classe dirigente che conterà.
A tutto questo vi è una soluzione semplice le primarie, magari rese obbligatorie per legge così da attuarle con le modalità più trasparenti possibile.
Faccio un esempio, se a Verona Tosi e Sboarina si fossero confrontati con le primarie, è evidente che Tommasi non avrebbe avuto alcuna possibilità di vittoria, infatti essi non solo avrebbero sommato i loro consensi andando ben al di là del 50% già al primo turno, ma li avrebbero ancor di più aumentati con la doppia campagna elettorale, quella per le primarie e quella vera e propria per le amministrative, che avrebbe consentito loro di entrare più in profondità nel tessuto sociale e che li avrebbe visti nella fase finale fianco a fianco.
Ho sempre ritenuto importante lo strumento delle primarie non solo da ora, infatti nel lontano 2004 insieme ad altri amici, animati unicamente da spirito di servizio e senza alcun legame partitico, redigemmo e presentammo un progetto di legge di iniziativa popolare dal titolo “Introduzione nel sistema elettorale italiano delle primarie aperte a tutti gli elettori ai fini della proposta e della selezione delle candidature” (pubblicato nella G.U. n.168 del 20/7/2004).
Quel testo era obiettivamente molto, anzi troppo, incisivo, riguardando la composizione di ogni lista in ogni elezione, ma proprio la sua incisività serviva a porre, con maggior forza, il problema, già esistente 18 anni fa, di selezione della classe dirigente secondo il consenso, problema che in maniera ancor più drammatica si sta presentando oggi, rendendo il tema delle primarie quanto mai attuale.
Il mio suggerimento, quindi, a tutti i leader del centrodestra è di prendere in considerazione questa soluzione, applicandola alle candidature monocratiche (Presidenti di Municipio, Sindaci e Presidenti di Regione) ed a quelle nei collegi uninominali, facendosi anche promotori di una legge nazionale che la obblighi, ciò eviterebbe tanti litigi alla radice e renderebbe quella metà di campo compatta e competitiva.