“Marocco frazione, non Paese africano”: l’inutile polemica antirazzista sull’accoltellamento di Treviso

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Marta Novello

Ha sollevato scalpore e tanta, tanta confusione l’orribile vicenda di Marta Novello, la ragazza di Marocco di Mogliano Veneto massacrata a coltellate e ridotta in fin di vita da un compaesano di 16 anni. L’adolescente, di cui rimangono per ora sconosciute le motivazioni alla base del gesto, è stato indicato dalle principali testate italiane come «di origini nordafricane» o «italiano di seconda generazione».

Ma su Twitter sta in queste ore montando una polemica riguardo a un presunto – e non verificato – fraintendimento proprio riguardo l’etnia del 16enne, ora in carcere per tentato omicidio. L’accusa parte da un gruppetto di nerd antirazzisti che contestano il modo in cui alcuni giornali (compresa questa testata) hanno titolato, evidenziando le origini per metà allogene del ragazzo. Questa l’accusa degli improvvisati debunker: i due protagonisti di questa vicenda abitano nella frazione di Marocco di Mogliano Veneto, quindi, chi ha parlato di origini africane lo avrebbe fatto confondendo lo Stato con la località in provincia di Treviso.

Ne è seguito il solito corollario di invettive contro la presunta ignoranza degli anti immigrazionisti, che prendono fischi per fiaschi pur di rimanere coi piedi ben piantati nella propria narrazione «xenofoba». «Il solito caso di vari sovranisti su Twitter che appena leggono qualcosa di africano si accaniscono e poi molti giornalacci riprendono questa cosa, non viene dal Marocco ma è di Marocco in provincia di Treviso», è il tenore dei tweet delle maestrine buoniste con il ditino puntato.

Lo avevamo capito che Marocco è una frazione

Vi sveliamo un segreto: lo avevamo capito da subito che «Marocco» è una frazione. A parte che i due elementi, a rigor di logica, in alcun modo possono escludersi (un marocchino o africano che dir si voglia può benissimo abitare nella frazione di Marocco). Del resto sono stati gli stessi Corriere della Sera (non propriamente un giornale di suprematisti bianchi) e la Repubblica (idem come sopra) a parlare di «nordafricano di seconda generazione», «ragazzino di colore» e che «Il padre di Malik, un immigrato africano, l’ha abbandonato prima che nascesse. E così lui porta il cognome della mamma (italiana) che, da ragazza-madre, l’ha cresciuto con l’aiuto dei nonni che abitano con loro».

Non è sufficiente nascere in Italia 

Rifiutare ciecamente l’idea che il ragazzo abbia origini per metà africane nel nome del debunking antirazzista un tanto al chilo, del resto, è idiota come confondere Marocco frazione con Marocco Stato del Nord Africa. Ed è parimenti inutile specificare che il 16enne sia italiano perché figlio di madre italiana, bollando come «ininfluente», il dettaglio delle origini.

Con buona pace degli xenofili in servizio effettivo permanente, coltiviamo ancora oggi l’idea che non sia sufficiente nascere su suolo italiano per divenire cittadini italiani. Ma soprattutto ci appare evidente come questa vicenda sia figlia proprio di un certo modo, superficiale e facile, di vivere l’immigrazione, con un padre straniero che pensa bene di abbandonare il figlio e di lasciare lui e la madre da soli, a dover tirare avanti. Con tutte le problematiche di abbandono che ne conseguono, culminate in una tragedia. Un grande modello davvero, da importare, come se già non avessimo sufficiente disagio autoctono.

ilprimatonazionale

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